Quando il liberalismo rischia di scadere nel conformismo del politicamente corretto.

L’odio, certe volte anche feroce, che la destra politica e culturale e perfino, se non soprattutto, della parte più raffinata di essa, nei confronti della cultura di sinistra, va ben oltre i contenuti reali della politica concreta che la sinistra attua ormai da anni in tutta Europa. Come, ad esempio, nel caso della polemica antinterventista ed antistatalista in economia, che è una politica che la sinistra, da più tempo, pratica molto meno delle più blande socialdemocrazie di venti anni fa. Un motivo, o forse vari motivi, di ordine psicologico o sociologico fanno dunque premio sulla stessa realtà, tanto per non smentire la tesi, solo apparentemente paradossale, che le parole contano più dei fatti. Fra i motivi di tanto odio c’è la polemica contro il cosiddetto politically correct.

L’espressione americana sta a designare, se così possiamo dire per comodità espositiva, la sedimentazione ideologica di idee, linee politiche e atteggiamenti tipici della cultura liberal. Dovendo cercare di tradurre nel linguaggio europeo ed italiano il significato di liberal, dobbiamo ricorrere a termini diversi, quali progressista o liberale di sinistra. Ma è la generica prima definizione, in fondo, la più convincente ed appropriata.

Il politicamente corretto di una certa sinistra culturale ancora, anche se più debolmente, dominante nella stampa e in ciò che resta dell’ Università, rappresenta per tanti aspetti il nuovo conformismo del nostro tempo, l’accoglimento pigro e ipocrita di forti ideali ridotti a mode, a banale consuetudine.

Troppo spesso la lotta per l’emancipazione razziale, per la parità della donna, per il rispetto dell’ambiente, per il recupero degli emarginati e dei sofferenti, per l’ecumenismo religioso, per la laicità degli Stati, si tramuta in una sorta di fastidioso nuovo galateo, insopportabile almeno quanto le vecchie, ipocrite, buone maniere.

Il politicamente corretto è pervasivo, fino a coinvolgere il gusto, addirittura la moda vera e propria, tanto che si è potuto ironizzare sulle scarpette da ginnastica di sinistra, politicamente corrette, e le scarpe con i tacchi a spillo di destra, cafone e politicamente scorrette.

Ma il liberalismo progressista, che insieme al liberismo economico, sembra dominare il mondo ed essere l’erede della sinistra storica sconfitta dal crollo del comunismo, rischia di perdere le posizioni raggiunte proprio perché sempre più sta restringendosi, inconsapevolmente, nel recinto dell’ideologia e, sia pure, di un’ideologia mite, almeno all’apparenza.

Il conformismo progressista supera, ormai, i confini dei partiti e dei movimenti di sinistra e, addirittura, sconfina in campo avverso, pervadendo l’intera società che negli anni Settanta si sarebbe detta borghese.

Il liberalismo non può tradire se stesso capovolgendosi nel suo contrario, il conformismo. Così facendo rischia di diventare un flatus vocis mentre potrà essere vivo e vegeto se tornerà al suo spirito originario. I liberali avranno ancora grandi battaglie da compiere per arginare la malattia che Tocqueville indicava come la più pericolosa per le società libere, quella del conformismo, sia esso di destra o di sinistra.

Ernesto Paolozzi

Da “Corriere economia” del 15 gennaio 2000