Collingwood l’inglese crociano.

“Il destino della scienza europea e della civiltà europea è in giuoco. La gravità del pericolo sta specialmente nel fatto che pochi riconoscono che esiste un pericolo qualsiasi. Quando Roma fu in pericolo, lo schiamazzo delle oche sacre salvò il Campidoglio. Io sono un’oca professorale, con toga e berretto e nutrita alla tavola del collegio; ma schiamazzare è il mio compito, ed io schiamazzerò”

Sono queste le parole che Robin George Collingwood, filosofo inglese traduttore ed amico di Benedetto Croce, scriveva alla vigilia della tragedia che devasterà l’Europa negli anni della seconda guerra mondiale.

L’icastica affermazione di Collingwood è risuonata durante il convegno italo-inglese, opportunamente organizzato a Napoli da Clementina Gily Reda, per ricordare l’opera dell’acuto studioso.

Per carità, la nostra condizione attuale non sembra possedere i connotati drammatici di quegli ormai lontani anni. Ma che la nostra democrazia viva una crisi di implosione, che i simulacri dei partiti non riescano ad avere nessun rapporto con la cittadinanza, che le regole della politica siano diventate regole puramente privatistiche, non è questione di poco conto. E poiché la classe dirigente sembra non accorgersene ed anzi quasi approfittare della situazione per accrescere un potere sempre più personale ed autoreferenziale, di oche schiamazzanti c’è assoluto bisogno.

Intanto l’esplorazione del pensiero di Collingwood, filosofo e storico oxfordiano, formatosi fra l’idealismo ed il realismo inglese e poi approdato allo storicismo crociano, si è rivelata particolarmente significativa per la nostra città, ed è stato un gran bene che istituzioni culturali come la Fondazione Banco Napoli, le Università Federico II e Suor Orsola Benincasa, abbiano tenuto a battesimo quella che ci auguriamo che sia una rinascita del pensiero collingwoodiano.

I seminari riprenderanno il primo luglio e saranno conclusi da una tavola rotonda sul tema “L’educazione estetica e la tecnologia umanistica”.

Pur nell’ispirazione originale, con un linguaggio chiaro e, come ebbe a dire Croce, concretamente inglese, il pensiero di Collingwood deve molto alla tradizione italiana, soprattutto a quella che va da Vico a Croce attraverso l’idealismo del primo Novecento.

Abbiamo accennato alla storia e all’impegno etico-politico che rendono ancora attuale la posizione dell’autore de Il concetto della storia. Ma non meno importante fu la rivisitazione dell’estetica crociana compiuta in vario modo da Conllingwood. A cominciare con la traduzione dell’ Aesthetica in nuce di Croce per l’Enciclopedia Britannica, assieme al Contributo alla critica di me stesso e alla monografia su Giambattista Vico.

Nel 1938 scriveva a Croce in occasione della pubblicazione del suo volume The Principles of Art:

“Io spero che mi farete l’onore di accettarlo in segno del debito (troppo grande e troppo complesso da esser mai riconosciuto nei particolari), che io ho con voi in ogni parte del pensiero e più specialmente nell’estetica. Se voi leggerete il libro, vi troverete che la dottrina esposta è, in tutto l’essenziale, la vostra stessa ed io l’ho appresa da voi e ricostruita nella mia mente, in termini della mia propria esperienza lungo un periodo di vari anni; perché il mio tema centrale è l’identità di arte e linguaggio.”

Ma il discorso merita un’ulteriore approfondimento. Intanto segnaliamo che, accanto a studiosi italiani come Lucio D’Alessandro, Giuseppe Gembillo, Aldo Trione, Renata Viti Cavaliere, al convegno sono intervenuti Rik Peters, Josie D’Oro, Wendy James, Haydin White e Douglas Johonson.

Ernesto Paolozzi

da “la Repubblica” del 25 giugno 2006                                                                                                                                             Repubblica archivio