Ancora una volta, è stata negata a più di undicimila spettatori, che avevano pagato in anticipo, la possibilità di assistere ad un evento sportivo importante: Napoli Juventus. E’ ingiusto, profondamente ingiusto, come va scrivendo da tempo Antonio Corbo e con lui molti altri osservatori pur di diverse opinioni e provenienze.
Punire tutti per colpire alcuni, i reali pochissimi responsabili dei disordini allo stadio. Questo potrebbe essere lo slogan della nostra giustizia sportiva. E’ una logica molto vicina, per analogia, a quella della decimazione di triste memoria.
La situazione diverrebbe tragicomica se fra gli innocenti, colpiti e puniti ingiustamente, si facesse strada l’idea di vendicarsi, di farsi giustizia da soli, di organizzare ronde e cercare di individuare i tifosi delinquenti: per consegnarli alla legge (ma con quali prove?) oppure per dar loro la meritata lezione…
Una bella guerra di tutti contro tutti come quella che si comincia a prospettare fra immigrati e italiani, malavitosi nostrani e di importazione, povera gente di ogni razza e fanatici di ogni specie.
C’ e chi si affretta a urlare indignato: “Chiudete gli stadi per sempre, bruciateli, finché i napoletani non diventeranno civili e andranno allo stadio come buone famiglie borghesi vanno alla messa domenicale”. Certo, chiudiamo anche le discoteche finché i giovinastri del sabato sera non smetteranno di ubriacarsi e impasticcarsi e, perché no, le autostrade dopo il tramonto per evitare la carneficina quotidiana. Chiudiamo le scuole dove i bulli la fanno da padrone, vietiamo ai bar la vendita di alcolici, cacciamo i Rom, rinchiudiamo le prostitute e così via all’ infinito fino ad arrivare al nostro vicino di casa troppo rumoroso o semplicemente antipatico.
E’ questo il sentimento che si diffonde ogni giorno, ogni attimo della nostra vita: un sentimento che spaventa non per i contenuti ma per la sua elementarità.
I magistrati e le varie forze di polizia, attraverso un lungo e difficile lavoro di investigazione, muovendosi fra una selva di leggi giustamente, anche se forse esageratamente, garantiste, riescono almeno in parte a colpire la malavita e la delinquenza ma noi invochiamo l’ esercito che non può e, giustamente, non vuole fare niente oltre i suoi compiti costituzionali. Il che vuol dire quasi niente rispetto a carabinieri, polizia magistratura. Ma l’ esercito dà il senso della forza, dell’ intervento sommario. In fondo tutti sappiamo che è così, però ci piace immaginare che i soldati con mitra e lanciafiamme.
Ci piace, sfoghiamo le nostre repressioni. Poco importa se, poi, tutto rimane come prima.
Come per i tifosi, anche in questi altri casi si dovrebbe chiedere più investigazione (quindi più investimenti), il coinvolgimento delle famiglie, delle istituzioni pubbliche e private, la collaborazione della Chiesa, una informazione più responsabile e corretta e via dicendo. Insomma sarebbe necessario cercare risposte complesse, non buoniste o pietiste, ma complesse sì.
Sarebbe necessario, ma né la destra né la sinistra hanno la forza in questo momento di rispondere alla elementarità e all’ infantilismo con la maturità. La destra perderebbe voti e consenso. Dovrebbe operare una svolta troppo rischiosa, come quella intrapresa da Fini negli ultimi tempi fra il sospetto generale. La sinistra sostituisce al metaforico manganello una serie infinita di divieti burocratici se non più odiosi certamente tante volte più fastidiosi e sicuramente poco efficaci. Una sinistra dilaniata fra i vecchi stereotipi di un iperbolico libertarismo pietistico e un moralismo rancoroso e burocrate.
Non è dunque forza della politica uscire dalla condizione descritta. C’ è bisogno di filosofia, di arte, di un pensiero capace di creare nuovi orizzonti, generosi di stimoli e speranze. E, ci auguriamo, nuovi leader capaci di prefigurare percorsi nuovi, se si vuole nuovi e positivi miti politici.
Ernesto Paolozzi
da “la Repubblica-Napoli” del 17 ottobre 2008
http://napoli.repubblica.it/cronaca/napoli/1