Morin: la latinità.
“Oggi in Europa abbiamo masse di vacanzieri tedeschi che si muovono verso le spiagge del Mediterraneo, verso le isole greche, verso il Sud, verso il sole, e che cercano cose che la loro cultura e la loro civiltà non fornisce. D’altro canto, perché la pizza si è diffusa al Nord e in tutto il mondo? E’ un simbolo di ciò che può apportare il Sud, qualcosa che non si trova né nei crauti, né nella salsiccia”.
A pronunciarsi così, a favore della nostra pizza, è Edgar Morin in una conferenza, latinità, tenuta a San Paolo del Brasile.
Lo scritto è pubblicato da Giuseppe Gembillo ed Annamaria Anselmo (attenta studiosa di Morin) per la casa editrice Armando Siciliano in una gustosa pubblicazione che riproduce il testo in tutte le lingue neolatine e, in ultimo, nella stessa lingua madre, il buon vecchio latino. Morin sostituisce in qualche modo l’idea di mediterraneità , oggi in voga presso alcuni settori della cultura europea, con quella più vasta ed universale di latinità. Essa si fonda, per lo studioso francese, su tre aspetti fondamentali, quello della conquista barbarica e feroce, compiuta dai romani, che presto si rivela (ed è il secondo aspetto) un momento essenziale della civilizzazione dell’intera Europa la quale raggiungerà un ulteriore sviluppo con la cristianità (ed è il terzo aspetto).
Ma la latinità non si esaurisce in questo perché, continua Morin, essa si estenderà poi, in forme nuove e diverse, ai paesi del Sud America in modo assolutamente originale. Il meticciato brasiliano è senza dubbio un esempio eclatante sul quale si dovrebbe riflettere con maggiore attenzione.
Fin qui, quella che potremmo definire la parte descrittiva della conferenza.
Nella parte finale Morin ripropone la contrapposizione tra Nord e Sud che si è andata sostituendo a quella classica Est – Ovest una volta caduto il muro di Berlino.
E’ qui che si colloca l’iniziale citazione che poteva sembrare paradossale o banale sull’importanza simbolica della diffusione della pizza. Da un lato il Nord, tecnologizzato ed economicista , dall’altro il Sud che conserva valori di umanità antichi ma imprescindibili, come mostra la nostalgia che sempre i grandi uomini del Nord, da Goethe ad Holderlin, hanno avuto per gli umori, i sentimenti, le culture mediterranee.
Ma Morin è troppo intelligente per fermarsi ad una contrapposizione netta e radicale che può essere suggestiva, ma che non ha valore etico politico. E infatti soggiunge :
” Intendiamoci bene, non bisogna soltanto denigrare il Nord . E’ necessario anche dire che il Sud ha mantenuto per molto tempo certe ineguaglianze molto forti, in particolare quelle inerenti alla condizione delle donne. In Spagna, fino a trenta anni fa, una donna non poteva entrare in un bar da sola. L’arrivo delle donne nel mondo del lavoro, nel mondo esterno, è molto recente. Il femminismo, la difesa dei diritti della donna, è incontestabilmente venuto dal Nord .”
La latinità, a mio avviso, è anche senso alto e forte, vorrei dire sereno, dell’equilibrio, il quale, per altro, si conquista, generalmente, a prezzo di lunga fatica e non senza attraversare momenti di profonda tragicità. In questo senso, è vero, la latinità ha in sé una universalità che non conosce, e non deve conoscere, confini geografici: “Homo Sum : nihil humani a me alienum puto”, sono un uomo: nulla di ciò che è umano reputo da me estraneo.
Ernesto Paolozzi
Da “la Repubblica” del 9 ottobre 2004