Benedetto Croce e la rivoluzione napoletana del 1799.
Nell’ambito delle manifestazioni del Maggio dei monumenti volute dall’assessore Nino Daniele e ispirate al volume crociano Storie e leggende napoletane , Gerardo Marotta terrà, all’Istituto italiano per gli studi filosofici alle 17.00, una conferenza dedicata a “Benedetto Croce e la rivoluzione napoletana del 1799”.
Nel 1986 il giovane Benedetto Croce scriveva nella Prefazione: “I fatti accaduti in Napoli nel 1799 sono una delle parti più note e, quasi direi, più rilucenti della moderna storia d’Italia”.
Da allora il fascino di quel sempre più lontano evento non è mai cessato. Anzi, potremmo dire che è perfino cresciuto. Così come non si sono mai sopite le polemiche che quell’evento suscitò. Polemiche anche aspre, spesso volgari, quasi sempre finalizzate a lucrare immediati profitti giornalistici o politici. Segno, comunque, della rilevanza di quell’episodio, di quella Repubblica che, pure, ebbe vita brevissima. Segno che molte delle questioni allora agitate sono ancora le nostre questioni, che i personaggi che calcarono la scena di quel dramma storico hanno lasciato un’impronta difficilmente cancellabile nella nostra memoria.
Basti pensare alle due figure femminili, tanto diverse fra loro, Eleonora De Fonseca Pimentel e Luisa Sanfelice che hanno ispirato e ancora ispirano letterati, poeti, pittori, drammaturghi e registi, figure tragiche che, al di là di ogni giudizio storico, sentiamo vicine a noi sul piano esistenziale, fra ammirazione e accoramento per il loro martirio.
Eppure già nei primi scritti di Croce e, poi sempre più compiutamente in quelli posteriori, il giudizio storico (che, naturalmente, è sempre possibile approfondire e sviluppare) sulla Rivoluzione napoletana presenta una sua precisa cifra, una chiara identità. Giudizio che in gran parte si richiama alla lucida analisi di Vincenzo Cuoco che di quegli avvenimenti fu attivo spettatore. Una rivoluzione fondata su alti e solidi ideali, combattuta da donne e uomini per tanti aspetti eroici, ma passiva, ossia non particolarmente originale rispetto ai movimenti rivoluzionari del resto d’Europa e, anche per questo motivo, destinata alla sconfitta non avendo tenuto conto delle reali condizioni di arretratezza Regno borbonico.
Allora, potremmo chiederci, perché tanta suggestione, perché tanti dibattiti e discussioni? Croce stesso fornisce una risposta: “Nella storia, è grandissima quella che potrebbe dirsi l’efficacia dell’esperimento non riuscito, specie quando vi si aggiunga la consacrazione di un’eroica caduta.”
Il filosofo ritornerà indirettamente su questa interpretazione del 1986 nella Storia del Regno di Napoli del 1923. Se i patrioti e martiri napoletani non ebbero senso politico e per questo non riuscirono ad attuare i loro ideali, pure segnarono la storia,
“Trapiantarono in Italia l’ideale della libertà secondo i tempi nuovi, come governo della classe colta e capace, intellettualmente ed economicamente operosa, per mezzo delle assemblee legislative, uscenti da più o meno larghe elezioni popolari; e, nell’atto stesso, abbatterono le barriere che tenevano separate le varie regioni di Italia, specialmente la meridionale dalla settentrionale, e formarono il comune sentimento della nazionalità italiana fondandolo non più, come prima, sulla comune lingua e letteratura e sulle comuni memorie di Roma, ma sopra un sentimento politico comune.”
Se pensiamo alla nostra condizione attuale, al Mezzogiorno , al suo rapporto con l’Italia e l’Europa che vogliamo costruire, la loro forza ideale, il loro sacrificio ci sono ancora di esempio e di stimolo.
Alla manifestazione interverranno Arturo Martorelli, Aldo Tonini e Cristina Donadio, che reciterà alcuni brani dal “Macello” di Enzo Moscato.
Ernesto Paolozzi
Da “La Repubblica- Napoli” del 9 maggio 2014 Repubblica archivio