“L’ora del racconto”
gennaio- Giugno 1986
I problemi dell’estetica italiana
Di Tullio Bressan
Ernesto Paolozzi ha dato alle stampe recentemente un autorevole saggio che ho letto con felicità e con slancio giovanile, e che ora segnalo ai miei colleghi, soprattutto critici e studiosi in genere di critica e storia della nostra letteratura.
Lo segnalo per due ragioni: prima, perché dopo la II guerra mondiale la nostra letteratura si è orientata nella sua creazione, e quindi anche nella sua meditazione riflessiva, verso la problematica, cioè è stata sollecitata da problemi umani nuovi e urgenti che stavano e stanno ancora angustiando l’umanità. Il problema umano è riflessione e concettualizzazione, è pensiero, quindi è filosofia; e poiché la nostra letteratura rientra essenzialmente nella letteratura, deve necessariamente approdare alla totale problematica umana che comprende anche la problematica estetica. Sarà un gran bene, quindi, far tesoro dell’opera, certo, soprattutto gli studiosi che non l’avessero ancora fatto, e che non accettano di rimanere ai margini di tale vasto movimento culturale. Oggi non è tollerabile avvicinarsi alla nostra letteratura e alla critica con superficialità e spavalderia, ma sono necessarie acutezza e dignità anche se ognuno con le proprie forze e con estrema dignità.
La seconda ragione è perché, se tanto si parla di interdisciplinarietà da una parte, e dall’altra possiamo dire che sia iniziata – anche se timidamente – quella fase della storia e critica della letteratura giovanile che inequivocabilmente deve tendere al raggiungimento di una sintesi teoretica, questa non può avvenire se non pure alla base della nostra opera letteraria. Insomma se c’è uno strumento, un embrione da cui partire per offrire maggior conoscenza e maggior autorità teorica e scientifica alla nostra letteratura, ebbene, questo strumento, questo metodo deve essere decisamente usato.
Il saggio che presento può essere letto e assimilato per se stesso, per la sua illuminata attualità; ma anche, direi, soprattutto, per il nostro spiccato interesse culturale, perché ci permetterà di raccogliere tendenze, opinioni, parole-chiave, concetti e di appropriarci pure di tante riflessioni che potremo trasportare nel nostro ambiente, certo, adattandole per quanto si potranno e per quanto sarà in nostro potere e interesse.
Nella I parte Paolozzi si fa una domanda, anzitutto: E’ possibile l’estetica? E ne dimostra la riaffermazione filosofica, non come definizione cristallina dell’arte, ma come ricerca.
Il II capitolo presenta l’universalità dell’arte, e naturalmente il discorso si sostiene con il pensiero di >Benedetto Croce, del quale in tutto il volume si ripresenta la parte più viva, solida e universale.
Il III capitolo esplora i generi letterari concludendo che “il genere può avere svariati usi pratici, ma sempre pratici, e da tener distinti dalla vera critica che è la ricerca della poesia, del concetto e non dell’astratto”.
Il IV capitolo, che parla sulla tecnica e le arti, esplicita: ” L’arte è l’originale espressione del mondo interiore del poeta-scrittore e non sopporta restrizioni di sorta. Se un’opera è bella, è bella, e poco importa se essa sia popolare o borghese, scritta da un nero o da un bianco, musicale o pittorica, teatrale o cinematografica, o teatrale e cinematografica assieme”
Maggior attenzione merita il capitolo V perché il Paolozzi introduce vari filosofi intorno all’estetica del Croce; questo intervento è applicato con evidente intenzione di chiarire tanti equivoci sopraggiunti. Qui è inclusa l’estetica di Pareyson, che noi abbiamo più volte menzionato nei nostri saggi, per quel concetto di “formatività”, più adattabile alla nostra letteratura; ma tutto il capitolo merita particolare attenzione anche per le sue citazioni.
Il capitolo VI e VII rientrano nel nostro dominio perché trattano la correggibilità dell’opera e le traduzioni, che ci metteranno molto in guardia nelle nostre scelte di opere straniere.
Nella II parte, Paolozzi esamina movimenti e tendenze, per cui dopo aver trattato sui concetti di poesia e non poesia, e di astoricità della poesia, indaga a fondo la critica strutturalistica e semiotica, e c’è molto da assimilare e molto da meditare anche se vogliamo strutturare una letteratura e una critica che si affermino all’attenzione della storia della letteratura e della critica italiane e mondiale.
Forse di meno la critica psicanalitica e di più la critica marxista potranno interessare i nostri critici anche perché rappresentano alcune pseudo- opinioni e alcuni miti già da tempo in declino, soprattutto per quanto si riferisca all’estetica. Forse l’ultima parte rimarrà un po’ ostica ai nostri studiosi, perché parla dell’estetica di Galvano Della Volpe, dell’estetica di Guido Calogero, dell’antiodiernismo di Rosario Assunto e del rapporto tra Croce e Lukacs , dai quali capitoletti, nonostante, possono essere estratti principi, idee, concetti di fondamentale valore, e certamente solo questo livello potrà porre la nostra letteratura (adeguatamente) su un piedistallo decisamente superiore e tale da non considerarla più come la “grande esclusa”
Se la scienza della pedagogia moderna – per quanto fluida- si è indirizzata verso una visione interdisciplinare, anche questa nostra letteratura e la nostra critica hanno bisogno di essere sottoposte ad una interdisciplinarietà che comprende l’estetica e le sue tendenze e correnti del pensiero, almeno per quanto riguarda la formulazione della teoria e l’analisi delle strutture.
Ecco perché il saggio di Ernesto Paolozzi si presenta con una limpidezza veramente eccezionale tanto che è decisamente raccomandata la sua accuratissima lettura soprattutto per la sua obbiettività e per il conforto che può recare.
” Siamo convinti – dice saggiamente Paolozzi – che anche nell’estetica, come in tutti gli altri campi della filosofia, sia necessario andare avanti, rinnovare e, se è il caso, rivoluzionare le antiche teorie. Ma siamo altrettanto convinti che è importantissimo non disperdere le verità alle quali, faticosamente, l’umanità è pervenuta nella sua storia”