Croce e la scienza contemporanea.

Croce aveva un metodo era la libertà. 

E’ un segno importante per la cultura napoletana ed italiana l’interessamento per Croce, e in particolare per il suo liberalismo, da parte di chi non è uno specialista e, come ha detto Mauro Maldonato, non appartiene alla sparuta minoranza che negli anni passati lo aveva letto.

E’ buon segno perché Croce non deve essere sottoposto a esami anatomici ma, come avrebbe preferito, letto nella contemporaneità dei nostri problemi.

Negli anni passati con qualche successo almeno tra le sparute minoranze, ho provato a definire il liberalismo di Croce liberalismo metodologico, con ciò volendo chiarire che il liberalismo di Croce si fonda su una filosofia della libertà e non su particolari dottrine economiche, giuridiche o sociali. Ciò significa che a questo liberalismo non si possono chiedere indicazioni normative che assicurino il perfetto funzionamento di questo o quel settore della vita politica ma solo un metodo, appunto, attraverso il quale potere interpretare gli avvenimenti e gli eventi secondo il principio della libertà che è libertà storica e dialettica. Da ciò discende che il liberalismo di Croce, essendo metodologico e filosofico, apre orizzonti per l’azione tali da non potersi precostituire in formule (destra, sinistra, etc) ma da doversi sottoporre soltanto al giudizio storico e alla relativa responsabilità della coscienza morale.

Ma mi preme a questo punto offrire ai lettori interessati e soprattutto ai giovani un altro elemento fondamentale, connesso al primo, che potrebbe anche essere utile ad eliminare quell’altro luogo comune, che di tanto in tanto risorge, circa la questione delle scienze.

Segnalo un libro di grande interesse: “Liberalismo, scienza, complessità”, edito da Armando Siciliano, nel quale Giuseppe Gembillo e Giuseppe Giordano mettono in rilievo come la scienza moderna sia sostanzialmente liberale rispetto alla scienza classica di tipo newtoniano.

La tesi del libro è, sostanzialmente, questa: una concezione riduzionista della scienza, che consideri la verità scientifica un adeguamento ad una realtà data, statica, interpretabile dunque in maniera univoca, non lascia spazio al dibattito, al confronto, allo sviluppo e, dunque, apre la strada, sul piano politico, al totalitarismo. Se, invece, con l’epistemologia contemporanea, consideriamo la realtà come un qualcosa che diviene e che non è dunque leggibile una volta e per tutte, come un qualcosa di complesso che si presta a più di un’interpretazione, alla considerazione di diversi punti di vista, allora consideriamo possibile anche il diverso, il dissenziente, e accogliamo il dialogo, il confronto, la libertà.

La teoria, ad esempio, secondo la quale l’universo è in espansione, negando una volta e per tutte la possibilità di approdare ad una interpretazione definitiva ed oggettivamente valida di esso, giacché non è concepibile una tale interpretazione di ciò che definitivo non è, accoglie un concetto della verità mai assoluto ed offre alla libertà di pensiero, e dunque alla libertà politica, un fondamento teoretico di assoluta rilevanza.

Da questo punto divista si comprenderà forse perché Croce non potesse accogliere l’idea, riduzionista, che la libertà coincidesse con il libero mercato, ossia con una particolare dottrina economica.

E si comprenderà anche che il problema di Croce non era tanto quello di non aver compreso la natura delle scienze, ma quello di averla compresa prima (in verità insieme a molti scienziati degli inizi del Novecento) che gli scienziati contemporanei, penso ad esempio a Prigogine e a Morin, chiarissero la questione.

La filosofia di Croce è una filosofia della libertà perché, come pure è necessario sottolineare, questo punto di vista interseca tutti i campi dell’attività umana. L’arte viene liberata, ora è il caso di dirlo, dai lacci e lacciuoli delle regole astratte, dei generi, delle poetiche, e viene restituita alla sua autonomia, che è la sua libertà, rispetto ad ogni forma di moralismo, di economicismo, di tradizionalismo e così via. Oggi il concetto di autonomia dell’arte è anch’esso recuperato nei settori più diversi della cultura mondiale dopo gli anni bui in cui l’arte era sottoposta al giudizio politico di regimi e partiti totalitari.

Analogo esempio potremmo fare per la storiografia che, come scrive Croce, se è vera storiografia, ci libera dal passato e dalla storia.

Si potrebbe continuare per ogni altro aspetto della vita teoretica e pratica. Ma qui basti segnalare che il pensiero di Croce va interpretato innanzitutto a partire dalla logica, perché è qui la sua vera forza, la classicità che lo rende assieme filosofo del passato e del futuro.

Ernesto Paolozzi

Da “La Repubblica” del 7 agosto 2004                                                                                                                                               Repubblica archivio