Liberiamo il Nord dalla tirannia leghista
L’ ESSERSI assuefatti alle offese e alle stupide provocazioni della Lega può rappresentare perfino un dato positivo dal punto di vista della tenuta psicologica del paese. Ma, alla lunga, può rivelarsi un grave errore. Di omissione. Fino a ora, le critiche (poche, come si è detto, data la violenza e la volgarità verbale dei leghisti) si sono esercitate, essenzialmente, in difesa dell’ Unità d’ Italia o del Mezzogiorno denigrato e insultato. Critiche giuste, certamente, ma, nel complesso, deboli. Il concetto di unità, se non bene argomentato e collocato storicamente, suona, infatti, retorico. L’ idea di un Mezzogiorno da aiutare a uscire dalla crisi non è popolare nemmeno più al Sud, se non si ricostruisce un quadro di riferimento europeo e nazionale in grado di essere accolto da un vasto pubblico abituato, da anni, a pensare il Sud in forma negativa. Troppi slogan, troppe affermazioni indimostrate, hanno distrutto, negli ultimi trent’ anni, l’ immagine del nostro Mezzogiorno. Cambiamo allora punto di vista e domandiamoci se il leghismo sia stato un fenomeno positivo per i cittadini della Lombardia e del Veneto innanzitutto, e per l’ intero paese, dal Piemonte alla Liguria al Centro-Sud.
Partiamo dalla politica per l’ immigrazione. Finora l’ Italia, pur fra tanti problemi, non aveva conosciuto le drammatiche tensioni che altri grandi paesi dell’ Occidente avevano sperimentato. I nostri immigrati, quasi ad adeguarsi alla mentalità compromissoria italiana, avevano accettato di venire qui a lavorare quasi come schiavi, senza protestare o ribellarsi più di tanto. In cambio, si potrebbe dire, di una sia pure ipocrita tolleranza nei rapporti sociali e umani. La Lega, con la sua roboante arroganza più che con le inapplicabili leggi fatte approvare dal governo, rischia di accelerare un processo a mio avviso inarrestabile, che avrebbe potuto però essere governato con intelligenza e sagacia. I nostri immigrati, infatti, adesso saranno spinti a organizzarsi socialmente e politicamente. Qualche avvisaglia si è già avuta nelle rivolte nei campi di accoglienza. Cercheranno e troveranno i loro simboli nello sport, nel mondo dello spettacolo, nelle professioni. Troveranno i loro alleati nel mondo cattolico e nel laicato solidale. Animeranno il sindacato, e le nuove generazioni, istruite e italianizzate, utilizzeranno la loro vitalità per scalare la nostra struttura sociale. Un fenomeno inevitabile, come dicevo, ma al quale la Lega imprimerà un’ accelerazione che potrà alimentare forti tensioni se non veri e propri fenomeni di violenza. Se Varese avrà un sindaco di origine non italiana prima del tempo fisiologico, sarà merito della politica leghista.
La Lega, si dice con molta enfasi, è un partito territoriale, attento ai bisogni dei cittadini. Ma è proprio così? Quali interessi difende, oltre a quelli più vicini alla vita strettamente quotidiana? E per la difesa di quegli interessi, quali altri trascura? Rappresenta tutti i cittadini del Nord, da Milano a Torino, da Genova a Venezia? Quanti interessi clientelari promuove e difende a danno della maggioranza dei cittadini di quei luoghi? Perché non ha la maggioranza dei voti e governa solo grazie alla sostanziale inconsapevolezza del gruppo dirigente che circonda il presidente del Consiglio e alla debolezza dell’ opposizione? Che cosa ne sarebbe se non avesse a disposizione gli strumenti economici e propagandistici messi a disposizione da Berlusconi? Sarebbe in grado di governare senza la cassaforte elettorale costituita dalla Sicilia? Se ne è accorto il governatore di quella nobile e sfortunata isola, che comincia a presentare un conto salato, che finirà, peraltro, col danneggiare le finanze dell’ intero paese. Per ultimo, in una società dell’ immagine, quanto nuoce il leghismo al Settentrione e all’ Italia nel suo complesso? Perché una nostra olimpionica deve affermare di cambiare canale televisivo ogni volta che vede apparire Bossi? E perché un autorevole ex sindaco di Lecce deve essere tentato di promuovere il boicottaggio dei beni prodotti nella Pianura Padana? E perché una grande e generosa città come Milano deve vedere la propria immagine appannarsi fino al punto che molti giovani preferiscono, se possibile, emigrare a Londra, a Berlino o anche a Roma?
Qui, più che di un partito del Sud (che nessuno, in verità, auspica), abbiamo bisogno di un partito italiano, di un nuovo Garibaldi collettivo, direbbe un vecchio pensatore sardo, che, questa volta, liberi i fratelli del Nord dalla tirannia della minoranza leghista. –
ERNESTO PAOLOZZI
Repubblica – 20 agosto 2009 pagina 1 sezione: NAPOLI