Comunicazione, arte e formazione della creatività

“La comprensione soggettiva porta, in determinate condizioni, alla comprensione complessa dell’essere umano (…) Siamo capaci di comprendere e di amare il vagabondo Charlot che disdegniamo quando lo incrociamo per strada. (…) E’ questa comprensione, così viva nella vita immaginaria, che ci manca nella vita della veglia, quando ridiventiamo dei sonnambuli egocentrici. Ci manca nel mondo dell’informazione mediatica nel quale, come lo immagina Alain de Botton, i titoli dei giornali direbbero di Otello: Un immigrato folle di gelosia uccide la figlia di un senatore, di Edipo re: Monarca implicato in una scabrosa storia di incesto, di Madame Bovary: Una donna adultera, compratrice compulsava, beve l’arsenico dopo essersi fortemente indebitata” (Morin, Etica)

Questa citazione moriniana mi è venuta spontaneamente alla mente leggendo il programma dell’Oscom (Osservatorio di comunicazione multimediale formativo) che festeggia il decennale giovedì (ore 15) con una manifestazione al Museo nazionale nel corso della quale Giuseppe Antonello Leone, il prestigioso scultore novantenne, terrà una conferenza sull’arte e la formazione della creatività. E’ questo il punto di maggior rilievo, a mio modo di vedere, che Clementina Gily Reda, animatrice con Giovanna Annunziata dell’iniziativa, ha messo in luce negli ultimi tempi.

Ci troviamo a vivere in una società nella quale, è ormai perfino ovvio dirlo, la comunicazione, e dunque il sistema della comunicazione, è centrale, fondamentale, imprescindibile. Tutti ammettono che sia così, sia i critici del sistema che i favorevoli, insomma sia gli apocalittici che gli integrati. Non solo ma con il passar del tempo si è sempre più compreso che la comunicazione dovesse accompagnare tutte le attività lavorative dell’uomo ed anche, se non fondamentalmente, quella didattica. Eppure, nonostante questa crescente consapevolezza, raramente si è giunti a pensare il rapporto con la comunicazione in modo dialettico o, come si direbbe oggi, complesso.

Una vera e propria didattica della comunicazione stenta a farsi strada perché, generalmente, gli strumenti comunicativi, dal computer ai video etc, semplicemente si sovrappongono, o accompagnano, ai modi tradizionali della didattica. Che si discuta, tanto per intenderci, una tesi di laurea su qualsiasi filosofo o poeta proiettandovi semplicemente qualche immagine ed una scaletta ampollosamente chiamata mappa concettuale su uno schermo, non significa, in alcun modo, aver utilizzato la comunicazione a fini didattici. Semmai significa il contrario: si è semplicemente banalizzato e semplificato uno studio che sarebbe dovuto essere lungo, faticoso e complesso. Lo stesso discorso, a maggior ragione, vale per la didattica della comunicazione, questa volta vista dalla prospettiva della pedagogia o della filosofia dell’educazione. Vale a dire: quali sono le intrinseche possibilità che la comunicazione possiede, per essere essa stessa didattica? La non soluzione di questo problema fa sì che si ricada nella prima questione, ossia nella comunicazione intesa come puro strumento esteriore di divulgazione e semplificazione del sapere.

Qui, il tema scelto da Clementina Gily Reda per il decennale è particolarmente significativo perché non sfuggirà a nessuno che l’elemento artistico come formazione della creatività è fondamentale per poter avere un concetto, mi si passi l’espressione, non puramente e banalmente positivistico degli strumenti comunicativi. La comunicazione infatti non è soltanto l’estrinsecazione di ciò che già si conosce o di ciò che si è creato. E’, e deve essere, qualche cosa di più. Se così non sarà avranno ragione i vecchi idealisti che collocavano il tema della comunicazione in un momento successivo a quello vero, profondo, intrinseco, dell’espressione. Se, invece, vogliamo tutti superare questa dicotomia, che all’inizio del secolo era tale e non poteva non essere tale, bisognerà tornare a pensare all’atto comunicativo come strettamente legato all’atto espressivo.

Se tutto ciò è vero, la funzione dell’arte è fondamentale e insopprimibile, perché è l’arte il primo atto espressivo-comunicativo con il quale l’uomo conosce ed interpreta il mondo, lo rappresenta e dunque lo comunica. E ciò che è ancora più importante è che questa rappresentazione, espressiva e comunicativa, non può che essere creativa e, dunque, sempre originale, diversa, ricca, persuasiva.

Da questo punto di vista il recupero della filosofia dell’arte più moderna (anche se ormai classica) da Vico ai giorni nostri, risulta fondamentale. Perciò ci fa piacere segnalare che fra le attività editoriali dell’ OSCOM vi è un volume dedicato a Robin George Collingwood e la formazione estetica. Il grande storico e filosofo inglese, per un periodo troppo facilmente accantonato, è oggi di nuovo un punto di riferimento anche in alcuni settori del mondo anglosassone che, per tanti aspetti, mostra di volersi scrollare di dosso il pervicace empirismo che per troppi anni ha dominato nelle Accademie mentre nel mondo vivo e concreto dell’arte non si è mai smarrito il senso profondo dell’estetica.