Le elezioni  a Napoli e in  Campania  e la degenerazione delle democrazie

Al di là delle inchieste giudiziarie, delle responsabilità individuali degli amministratori e oltre le dichiarazioni più o meno allarmistiche, ciò che è certo è che le istituzioni locali, a Napoli e in Campania, sono ormai totalmente delegittimate. Ripeto, non si tratta solo, o soltanto, di una questione di personale politico. È un dato di fatto.

Consiglio regionale e Consiglio comunale sono stati eletti subito dopo uno dei momenti di più grave crisi sociale, morale e politica della città, la crisi che passerà alla storia come la crisi dell’ immondizia. È evidente che in quelle condizioni l’ elettorato era in preda a uno stato d’ animo, diciamo, in qualche modo irragionevole se non addirittura del tutto irrazionale e, d’ altro canto, mancavano alternative politiche veramente convincenti.

La Campania si trova oggi, se ben riflettiamo, ad avere rappresentanze politiche del tutto estranee alla vita reale della regione e, in aggiunta, i partiti sono come scomparsi, ancora incapaci di riprendersi dallo shock subito. Anche in questo caso non si tratta soltanto di una questione persone, ma di un dato di fatto.

La democrazia dunque è veramente sospesa.

Ma, è soltanto la Campania a trovarsi in tali condizioni o non è piuttosto, sia pure in modo meno drammatico, l’ intero paese a vivere in uno stato di sospensione della democrazia? E, ancora, si tratta di un fenomeno solo italiano o, come alcuni segnali indicano, riguarda perfino la democrazia più grande e apparentemente più indiscussa e solida del mondo, quella americana?

Sembra che, in mancanza di forti ideali politici che sorreggano l’ azione di singoli partiti, sindacati e movimenti d’ opinione, i sistemi maggioritari finiscano col sostanziarsi in una sorta di alternanza di dittature miti del tutto scollegate dai popoli, dalla cittadinanza, che, pure, le hanno elette. In America, come è noto, esistono forti contrappesi alla dittatura mite dei presidenti eletti da maggioranze che, in realtà, non sono mai veramente tali. Un federalismo forte e autentico, innanzitutto, una insindacabile e potente Corte costituzionale, e, sul terreno sociale ed economico, una varietà d’ interessi che rende la società americana almeno parzialmente libera pur quando ne decade la valenza democratica.

Ciò non pertanto, la questione è preoccupante anche negli Stati Uniti d’ America. Gli Stati europei, vivono, a loro volta, la crisi di sovranità imposta dalla formazione di uno Stato sovranazionale che stenta a trovare un profilo politico credibile, convincente e, soprattutto, democratico, che lo preservi da una pericolosa deriva tecno-burocratica. In Italia, e a Napoli in particolare, per la mancanza di quei contrappesi e di un credibile e partecipato confronto politico, la situazione da preoccupante si fa drammatica.

Il dibattito interno al Partito democratico dovrebbe e potrebbe proporre la questione della rappresentanza democratica al centro dell’ attenzione dell’ opinione pubblica.

Dovrebbe essere un confronto da estendere innanzitutto all’ intera sinistra e, di seguito, agli elettori di centrodestra anch’ essi in crisi di rappresentanza. Se la discussione sarà solo tattica, se si risolverà in uno scontro fra correnti, la crisi della democrazia si avviterà sempre più.

Fenomeni inquietanti come quello del grillismo si potranno moltiplicare. Come dobbiamo considerare i grillini?

Compagni che sbagliano, aderenti a una sorta di sezione italiana dell’ internazionale dei falliti e degli invidiosi, rinnovati qualunquisti alla Giannini, o tutte queste cose assieme? Se non si affronteranno con serietà e rigore le tante forme di degenerazione della democrazia rappresentativa, allora bisognerà rassegnarsi all’ idea che dovrà cambiare la natura stessa dell’ impegno politico così come l’ abbiamo conosciuto in Italia. L’ unica politica possibile sarà quella di evitare che la politica faccia troppi danni.

Bisognerà organizzarsi da soli nella società, nell’ economia, nella cultura: come se la politica non esistesse e nella speranza che i fantasmi dei partiti e delle istituzioni permeate dai partiti non incidano troppo negativamente sulla vita quotidiana di ogni singolo cittadino, di ogni gruppo sociale. Insomma che la libertà, la creatività, di ciascuno non siano soffocate in nome di una democrazia non rappresentativa, non legittimata se non da votazioni affidate sempre più all’ umore del momento, alla fortuna mediatica di questo o quell’ avventuriero. A cominciare dalle città, dalle grandi metropoli dove i cittadini vorrebbero poter circolare e muoversi, aprire un’ attività commerciale, svolgere un lavoro, senza dover passare per le forche caudine di amministrazioni dilettantesche, improvvisate e, troppo spesso, anche odiosamente boriose.

Ernesto Paolozzi

da “la Repubblica-Napoli” del 26 luglio 2013                                                                                                                                 Repubblica archivio