Il rapporto fra etica e politica è sempre stato, fin dall’antichità, un rapporto difficile, di contrapposizione e di convergenza assieme. Quasi che la politica per sua stessa natura dovrebbe essere immorale. Molto spesso il comportamento pratico dei politici sembra avallare questa interpretazione anche se, sia pure rare volte, uomini politici di varia provenienza sembrano assurgere a veri e propri “eroi”, a personaggi di grande levatura che hanno sacrificato la loro vita per il bene comune, per la Polis.

Come può accadere questo? La verità è che il rapporto etica politica è molto più complesso di quanto si creda. Tanto che non poche volte, nella storia, nel nome dell’etica, degli ideali di giustizia e perfino di libertà si sono commesse tragiche nefandezze, per costruire società perfette, per rispettare volontà generali e così via si sono sacrificati uomini e donne in carne ed ossa.
Si suole, dunque, contrapporre al cosiddetto pensiero del realismo politico (che privilegerebbe la forza, la politica in senso stretto) il pensiero utopico (che privilegerebbe l’ideale, l’etica in senso proprio).

Già nel mondo greco si contrappone il realismo di Tucidide all’idealismo di Platone fino ai nostri giorni passando per il pensiero di Machiavelli e Campanella, per arrivare alla scuola di Francoforte e al dibattito fra neomarxisti e neo liberali. Così di volta in volta, ai realisti si attribuisce la patente di cinismo o quella del buon senso e agli utopisti quella di fanatismo o quella degli onesti.

Ora ,non vi è alcun dubbio che differenze anche notevoli esistono fra le due scuole di pensiero, fra le diverse sensibilità che orientano la concreta azione politica. Ma è altrettanto vero che una tale contrapposizione non sempre trova una vera e propria fondazione teoretica così come in tutti i grandi filosofi, dallo stesso Platone ad Aristotele fino a Marx e a Croce è possibile rinvenire elementi di mediazione fra la morale e la politica.

D’altro canto basta risalire al detto evangelico, ”puri come le colombe prudenti come i serpenti”, per rendersi conto che etica e politica non sono necessariamente in contrapposizioni ma che, anzi, l’una ha bisogno dell’altra e viceversa. Fonte non facilmente strumentalizzabile. Nel pensiero di Marx è evidentissima la compresenza del cosiddetto realismo politico con l’utopismo più chiaro, così come in Benedetto Croce il quale non casualmente coniò il termine etico politico per indicare il senso proprio dello sviluppo della storia. Termine entrato ormai nel comune lessico della vita politica italiana difficilmente sostituibile.

Dobbiamo dunque imparare tutti che la distinzione fra politica ed etica, fra realismo politico e pensiero utopico è una distinzione, ma non una separazione. Potremmo dire parafrasando Kant che la politica senza etica è cieca e l’etica senza politica è vuota.
Nel concreto agire si deve poter operare guidati dall’orizzonte utopico, che in realtà è l’orizzonte ideale, ma sempre tenendo conto delle condizioni reali, ossia storiche, per evitare che l’ideale rimanga una pura speranza e la politica concreta sia priva di una guida morale forte e sicura.

Niccolò Machiavelli è il simbolo storico della unificazione del politico con l’etico, è il filosofo che con grande chiarezza teorizzò l’autonomia della politica come strumento insostituibile per l’attuazione dell’ideale etico. Per troppi anni il suo pensiero fu poco compreso e ingiustamente avversato. La sua attualità è, per così dire, perenne.

da “Il Denaro”, sabato 30 aprile 2011