Federalismo fiscale per il Pd è un tabù

A commento di una sua analisi sul federalismo fiscale “alla lombarda”, Tito Boeri scrive:

«Due movimenti territoriali – la Lega Nord e il Movimento per l’ autonomia di Lombardo – hanno dato un contributo fondamentale alla vittoria elettorale. Da loro dipendono le maggioranze sia alla Camera che al Senato. La Lega chiede un federalismo fiscale che non concede nulla ai trasferimenti alle regioni del Sud: nel suo programma il 90 per cento dei gettiti dei tributi erariali dovrebbe rimanere nei territori che li generano. L’ Mpa chiede, invece, di “trattenere” le accise sulla benzina raffinata (non venduta) in Sicilia. Equivale a un trasferimento aggiuntivo di quasi un miliardo alla sola Sicilia. Difficile conciliare queste richieste. Lo stesso programma della Pdl prevede di far adottare dal Parlamento una proposta di legge della Lombardia che trattiene alle regioni l’ 80 per cento del gettito Iva, il 15 per cento del gettito Irpef e, nella loro interezza, l’ accisa sulla benzina e l’ imposta sui tabacchi e sui giochi. Paradossalmente un esecutivo che ha promesso di affrontare il nodo del federalismo fiscale inaugurerà le proprie attività con l’ abolizione totale dell’ Ici, l’ unica vera tassa locale oggi esistente. Auguriamoci che non si continui con il federalismo all’ italiana, decentramento di capacità di spesa e accentramento di prelievo, quello che ci porta oggi a destinare un quarto del bilancio dello Stato ai trasferimenti a regioni ed enti locali».

Fondandosi su queste stesse proiezioni, il Venerdì di Repubblica del 16 maggio ha presentato un accurato servizio che dimostra come l’ intero paese verrebbe sconvolto se, veramente, venisse applicata questa forma di federalismo fiscale e che le regioni del Sud (ma ho motivo di credere anche tutte le piccole regioni in generale) si troverebbero in difficoltà tali da non riuscire più a finanziare sanità e istruzione.

Nelle more dell’ emergenza rifiuti, e delle vicende a essa connesse, dobbiamo provarci a discutere anche di questioni che incideranno sul futuro assetto economico e politico del nostro paese.

Ora, è giusto che partiti riformisti accolgano, come si dice, la sfida federalista e onorino il responso delle urne accettando il dialogo con chi ha vinto. Lo stesso Presidente Giorgio Napolitano, prima ancora delle elezioni, ha più volte ammonito circa la necessità di discutere del federalismo fiscale, così tanto invocato in Lombardia e in altre aree del Nord. Ma accogliere la sfida, e l’ ammonimento del Presidente, significa, appunto, accogliere una sfida, non accogliere passivamente una scelta in fondo ingiusta, certamente dannosa per gran parte del paese e, forse, alla fine della fiera, dannosa per l’ Italia l’ intera, che deve fare sistema in un mondo globalizzato, in un’ Europa unita.

Io penso, come altre volte ho detto, che anche gli esponenti del centrodestra campano e meridionale debbano intervenire con forza e rigore su questo tema. Certo, da questo punto di vista la loro posizione è scomoda e può diventare molto scomoda, stretti come sono fra l’ appartenenza al territorio e la fedeltà alla coalizione. E proprio per questo è comprensibile che non si espongano finché la questione federale non verrà posta all’ ordine del giorno in tutta la sua forza e drammaticità.

Ciò che è incomprensibile è che non ne discuta il Partito democratico e, ancor di più, che non ne discuta il Partito democratico nelle sue articolazioni territoriali e meridionali.

La cronaca indugia sulle faide interne che si prospettano nella nostra regione in prossimità di quella organizzazione congressuale che qui non si è ancora costituita per la catastrofe ambientale dovuta ai rifiuti. Ma in queste divisioni fra bassoliniani e antibassoliniani, lettiani e sinistra democratica, liberalriformisti e così via, non si coglie uno straccio di riflessione, uno straccio di proposta politica, se non generiche petizioni quali: “Bisogna sforzarsi di essere uniti”; “Bisogna dare segnali di discontinuità”; “Dobbiamo tutti, maggioranza e opposizione, rimboccarci le maniche per risolvere la questione rifiuti” eccetera eccetera.

Il problema politico oggi, nazionale come locale, non è quello di inseguire il centrodestra una volta abbandonati definitivamente gli steccati ideologici e ripreso un dialogo istituzionale e politicamente civile.

Il problema è dialogare ponendo delle alternative e aprendo vertenze serie e rigorose. Il Mezzogiorno non è soltanto questione criminale o questione rifiuti. Come il Nord non è soltanto questione fiscale e questione sicurezza. La nostra società, al Nord come nel Sud, è inceppata dalla burocrazia, da corporazioni e centri di potere che ostacolano il rinnovamento, impediscono lo sviluppo economico, bloccano la mobilità sociale, calpestano il merito, ghettizzano i giovani in una condizione di precarietà psicologica prima ancora che economica.

Il Mezzogiorno ha bisogno di un nuovo sistema dell’ istruzione e della formazione, di una gestione diversa della finanza, di infrastrutture agili e veramente efficaci, di una classe dirigente autonoma dalla politica, autorevole e responsabile e di tante, tante altre cose fuorché di un federalismo fiscale ritagliato sul profilo di alcune aree del paese. E non ci si venga a dire, lo imploriamo, che una volta subita questa prepotenza, per noi sarà un bene perché potremo rimboccarci le maniche. Era lo slogan della destra degli anni Ottanta, fatto proprio da una parte della sinistra, sfociato nella riforma del Titolo V della Costituzione. I risultati sono sotto i nostri occhi.

Ernesto Paolozzi

* da “la Repubblica-Napoli” del 5 giugno 2008                                                                                                                             Repubblica archivio