Girolamo Cotroneo: la politica come passione civile.

Se volessimo rintracciare una specificità che segna la grandezza e l’originalità della tradizione filosofica italiana, la rintracceremmo nella capacità di tenere insieme teoria e prassi, speculazione filosofica ed impegno etico e politico. Una filosofia che nasce dalla storia e alla storia ritorna. Da Machiavelli a Giordano Bruno, da Vico a Croce. Una tradizione che per sua natura non può che rinnovarsi continuamente nel quotidiano confronto con lo svolgimento della vita. Della vita intesa in tutta la sua complessità, in un itinerario che incontra, incrocia, la letteratura come l’epistemologia, la poesia come la storiografia, l’agire umano nelle sue infinite determinazioni esistenziali, sociali, comunitarie.

In questa temperie si forma la personalità di Girolamo Cotroneo e lungo questo percorso, per sua natura sempre travagliato ma sempre confidente nella libertà, si sviluppa la sua opera di filosofo , di docente, di cittadino eticamente e politicamente impegnato.

Un liberalismo militante, si intitola un lungo saggio scritto da Girolamo Cotroneo in ricordo di Raffaello Franchini, fra i suoi punti di riferimento, sodale per tanti anni nell’insegnamento e nella formazione di giovani studiosi. E di liberalismo militante si potrebbe parlare anche per Cotroneo se il termine militante non richiamasse immediatamente alla militanza partitica come quella che, appunto, praticò Franchini nel Partito liberale italiano. Nel caso di Cotroneo si trattò, invece, di una militanza ideale, intesa come un dovere morale da sorreggere con il più rigoroso impegno storiografico che si esercitò attraverso studi, saggi e ricerche ma anche sul terreno del giornalismo ( ricordiamo, fra le tante collaborazioni, quella con Il “Messaggero” di Roma), di quel nobile giornalismo politico che nulla ha a che vedere con la propaganda , con la mera pubblicità elettoralistica. Un commento, se così possiamo dire, imparziale ma non neutrale, ossia moralmente ispirato dalla ricerca della verità, filosoficamente pronto a prendere posizione, a prendere parte una volta che si è ritenuto di giungere ad una sia pure discutibile verità, un commento alle vicende dell’attualità, della contemporaneità nella quale siamo sempre immersi. Un atto, dunque, di responsabilità nel solco della grande tradizione filosofica italiana che ha sempre inteso la ricerca filosofica come un momento dell’impegno etico e politico.

Ma è Cotroneo stesso a chiarire la sua posizione nell’ Introduzione al volume dal significativo titolo, Le ragioni della libertà (1985) nel quale sono raccolti una parte rilevante ( la collaborazione risale al 1963 ed è finita con la chiusura della rivista nel 1982 con il saggio, Benedetto Croce critico del “profetismo”) degli scritti comparsi sulla prestigiosa rivista “ Nord e Sud”. Scrive, infatti in realtà non è “politico” l’animus con cui queste pagine sono state scritte; nel senso che esse – nemmeno (o forse soltanto) inconsapevolmente – non sono state motivate da un fine immediato da raggiungere, un fine ovviamente non personale, ma che fosse vantaggioso per una parte (o per un partito). Avevo accennato all’inizio, contrapponendola, o, forse meglio, distinguendola dall’impegno politico (che è sempre impegno a favore di una parte, incurante delle ragioni dell’altra o delle altre), alla passione “civile”: essa soltanto mi ha sollecitato a scrivere quanto in questo libro si può leggere.

Che cosa intenda per passione “civile” è presto detto: almeno per me, essa consiste nello stare sempre dal lato dei principi, anche quando dimenticarli potrebbe dare dei vantaggi immediati; di quei principi che non sono patrimonio esclusivo di questa o di quella parte (classe, chiesa, razza o partito), ma, anche se la parola è grossa, dell’intera comunità umana; di quegli ideali “trascendentali”, che nessuna istituzione politico-pratica, nessuna ideologia, possono esaurire; di quelle forme del “dover essere” universalmente riconosciute, intorno alle quali ogni discorso critico in realtà è sofisma.

“Nord e Sud” , la rivista fondata da Renato Giordano ,Vittorio de Caprariis e Francesco Compagna (che ne era il direttore) ha rappresentato un momento fondamentale della cultura politica italiana e non solo italiana. Dell’area liberaldemocratica, naturalmente, ma più in generale della cultura libera italiana. Il paragone inevitabile è con il “Mondo” di Mario Pannunzio di cui per tanti aspetti la rivista napoletana è l’erede, non solo per la continuità garantita da molti suoi collaboratori che si formarono politicamente sulle pagine del grande settimanale pannunziano, ma per l’intransigente , costante difesa delle ragioni della libertà. Cotroneo chiarisce nella citata Introduzione la dimensione della sua idea di responsabile difesa della libertà e delinea il significato, la cifra della sua assidua collaborazione alla rivista. L’impegno civile non si costituisce genericamente solo come un atto di buona volontà, ma si sostanzia all’interno di un ideale eticopolitico:

Si capisce che sto parlando della “libertà”, l’ideale di cui questo libro – come suona il suo titolo- vorrebbe presentare le “ragioni” (o, meglio, alcune ragioni). In realtà – farei torto alle mie stesse convinzioni se non lo credessi – la libertà non ha ragioni da far valere, in quanto si giustifica da sé. In teoria le cose stanno certamente così: ma purtroppo soltanto in teoria. Nessun concetto, infatti, ha visto ruotare intorno ad esso tanti sofismi come, appunto, quello di libertà; ed ogni volta contro di essi ha dovuto rivendicare le sue “ragioni”.

Nel mio caso, nel caso di questi scritti, vi è forse una ragione in più: essi sono tutti apparsi: (assieme a molti altri che non ho ritenuto, per dare coerenza e unità a questo volume, di ripubblicare ) sulle pagine di una notissima rivista napoletana, “ Nord e Sud”, indissolubilmente legata al nome di Francesco Compagna ( al quale, appunto, alla cui memoria, questo libro è dedicato ) in un periodo che va dal 1972 al 1981.

Anni, quelli ricordati da Cotroneo, nei quali la democrazia italiana fu messa a dura prova sotto l’attacco di forze eversive in concomitanza di una grave crisi economica e morale. Gli anni del terrorismo, i cosiddetti “anni di piombo” nei quali la difesa dei princìpi di libertà travalicò il puro discorso politologico, mutò radicalmente i rapporti fra siatemi di potere e società civile ma nei quali fortunatamente, come ricorda Cotroneo, si consolidò l’idea della necessità di una costante, intransigente difesa della democrazia liberale. “ In quegli anni, continua Cotroneo, credo che la libertà, proprio perché minacciata ( magari con la scusa di essere borghese) doveva far valere le proprie ragioni, rivendicando la propria universalità : e lo ha fatto attraverso l’opera politica e civile di tanti, di molti, per fortuna nostra.”

Naturalmente, come si è in parte accennato, sarebbe fuorviante separare l’itinerario dell’impegno civile di Cotroneo da quello filosofico e storiografico. Basti pensare alla prima, importante sua opera del 1966 dedicata a Jean Bodin considerato dallo studioso come primo filosofo che coniugò la ricerca filosofica con la storia, lo svolgimento politico, l’affermazione del diritto nella sua necessaria storicità.

Una dimensione dello storicismo per ricordare un importante volume di Raffaello Franchini, dunque, quella di Bodin, per la quale, secondo l’acuta interpretazione del giovane Cotroneo, appare, pertanto già nell’orizzonte dell’Umanesimo e del Rinascimento. Non credo di andare lontano dal vero nell’individuare una sostanziale continuità nello svolgimento del pensiero di Cotroneo proprio in questa dimensione, in questa sensibilità che traspare in tutti i suoi scritti anche di argomento più vario o lontano dai temi di cui ci stiamo occupando.

Continuità che Girolamo Cotroneo rinviene non casualmente in Vittorio de Caprariis fra i principali collaboratori del “ Mondo” , sodale di Francesco Compagna in tante battaglie culturali ed etico politiche. In garbata polemica con chi rinveniva rotture o incoerenze nel pensiero storico e nell’attività pubblicistica di de Caprariis Cotroneo, infatti, scrive nel volume L’ingresso nella modernità:

…. non riusciamo a vedere, infatti, persino sul piano dell’impegno politico militante, sostanziali differenze fra l’approccio a Bodin, la sollecitazione che lo indirizzava verso l’autore della Methodus, e l’approccio a Tocqueville, dettato dalla medesima sollecitazione, dal medesimo impegno civile; che era poi sempre quello che, ad esempio, gli dettava nel 1959 il saggio Problemi istituzionali della democrazia moderna, o nel 1962 lo scritto Le élites e la democrazia, o nel 1963 il saggio Lo stato di libertà, per non dire di tanto altri ancora, dove riemergono quei temi del “potere”, della “sovranità”, dei “parlamenti”, centrali nel pensiero di Bodin, e che riempiono di sé le pagine di Propaganda e pensiero politico in Francia. Un lavoro, questo, che già dalla prima parola del titolo (propaganda: analisi cioè degli scritti ispirati immediatamente dagli avvenimenti contemporanei, distinta dal pensiero politico vero e proprio),un libro di cui solo il titolo, dicevo, indica l’interesse, l’attenzione costante di de Caprariis verso quegli organi politici per i quali la “propaganda” è strumento di importanza vitale, cioè i partiti ( si pensi, a riprova di questo interesse, al saggio del 1960, Partiti al muro del pianto, dove il discorso suggerito da un particolare momento della vita della Repubblica, diventa un’analisi teorica del ruolo del partito politico nella società democratica moderna.

Non sembri, dunque, un parallelo peregrino quello istituito fra l’itinerario storiografico di Girolamo Cotroneo e quello di Vittorio de Caprariis. Non solo per il richiamo al comune interesse storico, politico e filosofico per Bodin ma per l’evidenza di una comune formazione, una Bildung fra le più complesse ed originali del Novecento, che segna la cifra di un postcrocianesimo ancora tutto da studiare e vagliare.

Di passaggio non è inutile segnalare l’estrema modernità e la cogente attualità dei temi della propaganda (oggi diremmo della comunicazione politica) e della natura dei partiti che sono fra le questioni più rilevanti dell’analisi politica e sociale sviluppattasi all’inizio del terzo millennio. Tema costantemente presente nelle ricerche di carattere scientifico come nella costante attività pubblicistica e giornalistica di Girolamo Cotroneo.

E’ possibile ascrivere le riflessioni storiografiche e politologiche condotte da Cotroneo nella lunga collaborazione a Nord e Sud ( ma anche a “ Libro Aperto “ di Malagodi ) alla tradizione liberaldemocratica ? Certamente, ma a patto che si comprenda bene la dimensione originale , come non ci stancheremo mai di sottolineare, della prospettiva italiana che accomuna pensatori come Raffaello Franchini, Carlo Antoni, Alfredo Parente, Carlo Ludovico Ragghianti, Vittorio de Caprariis , Francesco Compagna, Nicola Matteucci e altri , pensatori tutti che nel disegnare una dimensione specifica del liberalismo italiano non smisero mai di contaminarsi felicemente con altre tradizioni liberali e riformiste in generale.

A proposito della possibile e auspicabile riconsiderazione del pensiero popperiano dopo anni di relativo abbandono, Cotroneo scrive nella Prefazione del 2005 alla seconda edizione della monografia Popper e la società aperta del 1981.

Forse riparlare di Popper può aiutare a prendere atto che il liberalismo è soprattutto una “risposta alle sfide” – per dirla con Nicola Matteucci – che di volta in volta gli vengono dai fermenti illiberali – dall’assolutismo al totalitarismo all’integralismo – che sempre attraversano la storia, e alle quali ha saputo, e ritengo ancora possa, appunto, rispondere, perché capace di ripensarsi, di rinnovarsi: cosa vietata alle ideologie che adesso si contrappongono

Il liberalismo come risposta a sfida, dunque, una concezione aperta , un’idea della libertà per certi aspetti prepolitica o, per dirla con Croce meta politica. In grado di raccogliere le sfide ricorrenti che la storia inevitabilmente propone e, in virtù della sua costante apertura, di dialogare con tutte le altre posizioni politiche, con le dottrine sociali ed economiche le più diverse con l’unica avvertenza : che non prospettino una visione totalitaria, chiusa della società.

Ciò spiega perché fra gli autori di Girolamo Cotroneo figurano anche pensatori distanti dal liberalismo di tradizione empiristica o razionalistica, come Croce, naturalmente, ma anche come Tocqueville, Ortega y Gasset, Carlo Antoni, per non ricordare che i più noti.

Nel saggio L’utopia liberale, del 1976 ripubblicato in Le ragioni della libertà, Cotroneo esplicita la sua concezione del liberalismo. Scrive :

Il problema più importante che crediamo emerga da quanto abbiamo detto finora è quello di chiedersi se una società “aperta”, cioè non destinata a irrigidirsi in istituti, a burocratizzarsi in misura più o meno ampia, possa veramente esistere, e se sia esistita nel tempo; se cioè, una volta accettata la formula di Hayek (e, infondo, anche quella di Croce) che soltanto la società “liberale” nel senso più puro, integrale, del termine (senza cioè accostarla neppure a quella “democratica”) può essere considerata una società “aperta”, si possa poi concretamente e storicamente parlare di una tale società, o se essa più tosto non sia un postulato, una formula astratta, un’idea guida valida soltanto a orientare la condotta.

Il liberalismo, dunque non può e per certi aspetti non deve trionfare, ma militare nell’eterna e insopprimibile dialettica fra il bene e il male, fra la libertà e le forze e gli istinti illiberali. Il liberalismo è per tanti aspetti un’utopia, ma un’utopia concretamente operante, un utopia che indirizza l’azione, muove le coscienze. Insomma, non un’utopia astratta, rigida e per ciò stesso illiberale.

I saggi pubblicati su “Nord e Sud” attraversano, come si è detto, i confini della cultura politica del Novecento e costruiscono un costante dialogo fra liberalismo, socialismo ( nelle versioni riformiste e socialdemocratiche) e movimento democratico. Per le loro relazioni, per le comuni battaglie condotte contro i ricorrenti attacchi alla libertà, per le loro differenze talvolta inconciliabili. Di particolare interesse il rapporto fra socialismo e liberalismo così come lo definisce Cotroneo sia sul terreno teorico sia su quello più strettamente politologico. Fra le posizioni, diciamo così classiche, Cotroneo propone una visione per alcuni aspetti diversa. Sin dall’inizio del Novecento il dibattito filosofico si è essenzialmente incentrato sulla possibilità o meno di conciliazione fra i due grandi movimenti, e sul piano politico si sono tentati vari connubi che spesso si sono rivelati impossibili o, se possibili, perché strettamente legati a particolari condizioni storiche o perché legati ad una personalità politica di particolare carsima.

Nel nostro caso, invece, è proposta una terza via. La costatazione che liberalismo e socialismo sono alternativi ma al tempo stesso strettamente legati. Ed il legame consiste proprio nella loro necessaria alter natività. Alternativi e conciliabili, dunque, perché hanno, senza dubbio punti di contatto ideali e programmatici, ma soprattutto perché rappresentano due aspetti fondamentali della nostra civiltà politica, della nostra democrazia liberale intesa in senso, naturalmente, molto ampio.

Nel saggio del 1981,Liberalismo e socialismo fra passato e futuro, Cotroneo avverte, innanzitutto, che storicamente ogni qualvolta il legame ( che non può dirsi dialettico nel senso hegeliano) fra liberalismo e socialismo si è spezzato sono nato mostri come il Nazionalsocialismo o il socialismo “reale” delle dittature comunista. Ma una volta constatato che molte delle questioni teoretiche, di pura logica filosofica, sul come intendere concetti come quelli di libertà ( morale ed economica), giustizia ed eguaglianza, la questione è provarsi a delineare un confronto lungo il percorso storico, fra passato e futuro, appunto.

Oggi, scrive, che il liberalismo non è più il liberismo puro degli economisti, e che il socialismo non si riconosce più nel Marx-leninismo questi problemi hanno perso molto della loro pregnanza e non richiedono più un dibattito teorico. Un liberalismo che ha incorporato le istanze della giustizia e un socialismo che ha incorporato quelle della libertà, senza per questo perdere i loro connotati fondamentali o, come usa dire, la loro identità, possono tranquillamente considerarsi modelli alternativi di società. Credo adesso sia del tutto chiaro il significato del punto di partenza di questo discorso che vedeva liberalismo e socialismo definibili soltanto per contrasto, l’uno per mezzo dell’altro, in quanto termini non completi in sé. Nessuna società può essere fino alla fine dei tempi, dei tempi umani, ovviamente, liberale o socialista. Ma alternativi possono essere ancora a lungo: infatti, nonostante i rapidi mutamenti esteriori della società, nonostante la tecnologia e l’informatica, non mi sembra che, almeno a vista d’uomo si riescano a prospettare i modelli di ricambio rispetto ad essi, in quanto i problemi da cui liberalismo e socialismo sono nati – quelli della libertà e della giustizia, quella della produzione e della distribuzione – non sembrano a vista d’uomo ripeto, in via di giungere ad una fusione ideale.

Tanti altri temi sono discussi e sviscerati da Cotroneo nella lunga e assidua ( ben 108 saggi) collaborazione alla rivista di Francesco Compagna e, come ricordato, in una vastissima attività pubblicistica. Dalla difesa dei valori dell’Occidente alle più specifiche discussioni legate alla pubblicazione di un libro o allo svolgimento di un congresso. Ma il filo rosso che metodologicamente attraversa l’opera di Cotroneo è sul piano politico la passione civile che rende un intellettuale veramente tale, sul piano filosofica, la costante difesa delle ragioni della libertà.

Ernesto Paolozzi