Hayden White. Quando il racconto diventa storia
Repubblica – 03 ottobre 2009 pagina 1 sezione: NAPOLI

IL MITO che la storia sia fondata sui fatti, scientificamente razionalizzabili, è un mito che ritorna, di tanto in tanto, e si alterna all’ altro, secondo il quale la storia è inconoscibile perché ciascuno se la scrive e se la racconta come vuole. Il farsesco dibattito sul Risorgimento italiano, che in questi mesi si va svolgendo nel nostro paese, è l’ ennesima dimostrazione di come sia difficile mantenere la barra della storiografia. Certo, la storia non si può fondare sui cosiddetti fatti oggettivi. Qualche anno fa, Umberto Eco ironizzava a questo proposito e si provava ad immaginare cosa sarebbe accaduto ad uno storico che, fra migliaia di anni, avesse ritrovato, fra le macerie della nostra civiltà, il brano evangelico: “Lo Spirito è pronto ma la carne è stanca”. Eco si riferiva essenzialmente alla questione delle traduzioni, e sosteneva che quello storico, abituato a vivere in una società materialista, avrebbe tradotto con ogni probabilità: “Il whisky è ben freddo, ma la bistecca è andata a male”. Una battuta, naturalmente. Ma, come ogni battuta, efficace e molto vicina alla realtà. Fosse solo così, d’ altro canto, la storia non sarebbe conoscibile e, con essa, la realtà e, dunque, il mondo cadrebbe nel più cupo scetticismo: nel paradosso dell’ incomunicabilità dato che, come a tutti è dato di vedere, invece comunichiamo. Vi è una terza strada, che è quella seguita da Hayden White il quale, negli anni passati, riferendosi tra gli altri, al pensiero di Croce, ha cercato di ricondurre la storiografia alla letteratura, al racconto o narrazione come elemento fondativo della storiografia stessa. White ne ha discusso con Giuseppe Galasso al Suor Orsola Benincasa in un incontro voluto da Francesco De Sanctis e sottoporrà la sue tesi ad una larga platea di studiosi e discenti (oggi alle 10, Sala Villani) in un dibattito, coordinato da Piero Craveri, al quale prenderanno parte, fra gli altri, Emma Giammattei, Paulo Butti de Lima, Camilla Miglio, Ugo Olivieri. La posizione di White è rilevante, perché la sua critica alla identificazione della storia con la scienza non prelude ad una sorta di concezione puramente letteraria della storiografia, quasi che, non potendo contare, come si è visto, sulla certezza dei fatti e, meno che mai, sulle pericolose leggi della storia che dai fatti si dovrebbero trarre, si dovrebbe necessariamente presentare la storia come una pura narrazione, un racconto, quasi una pura fantasia dello storico. La storia, messa in relazione alla letteratura e, in questo senso, ricondotta al concetto dell’ arte, è, in questa prospettiva, messa in relazione con la letteratura e l’ arte concepite, crocianamente, come delle forme della conoscenza. La letteratura non è qui un gioco dell’ immaginazione; non consiste nell’ eleganza dello stile o del linguaggio. È letteratura vera e propria intesa come una delle ineliminabili forme attraverso le quali si conosce una parte della realtà. Sappiamo che, già prima di Croce, Vico (ed altri, naturalmente), aveva intuito e concepito quale fosse il valore dell’ espressione artistica. E sappiamo anche che Vico pronuncerà la fondamentale verità che filosofia e filologia nascono ad un parto. Ossia che è astratto pensare che ci siano da un lato i fatti, la filologia, e dall’ altro un pensiero che elabora i fatti. In realtà non possono esistere pensieri che non siano pensieri di fatti e nessuno può sapere cosa sia un fatto prima che esso venga pensato o intuito da qualcuno. È la grande intuizione credo, della filosofia moderna che, attraverso Kant ed Hegel, giunge fino al Croce della filosofia come giudizio e del giudizio come giudizio storico. Nell’ aver perso questa dimensione dialettica si consuma tutta la profonda crisi della filosofia contemporanea, che si dibatte in irrisolvibili antinomie o contraddizioni: nella separazione fra razionale e irrazionale, fra oggettivo e soggettivo, fra assoluto e relativo, fra fatto e interpretazione. Speriamo che, sia pure a fatica, si possa ritornare a pensare la filosofia, a fare filosofia, sulla traccia di questo difficile percorso che, pure, tutti dobbiamo percorrere.

– ERNESTO PAOLOZZI

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