E’ questo il titolo di un bel volume di Paolo Silvestri edito da Rubbettino nel quale l’autore traccia una compiuta ed informata analisi delpensiero enaudiano. Ricerca non facile, considerata la rapsodicità degli scritti del grande economista e la non sistematicità del suo pensiero.

Dalle pagine di Silvestri emerge quella che potremmo definire la sistematicità interiore della lunga meitazione einaudiana, ossia quel filo conduttore che attraversa, metodologicamente, gli scritti economici, quelli politici e quelli morali.

Silvestri individua nel buon governo il centro vitale del liberalismo di Einaudi. Naturalmente non intendendo, con questo termine troppo spesso abusato, e dunque retorico, soltanto la capacità di amministrare bene la cosa pubblica. Intende invece qualcosa di molto più profondo ed importante: ossia quella capacità di giudizio, e dunque di intervento etico-politico, che si muove nella dialettica fra l’orizzonte dell’ideale e la concreta azione politica.

L’ideale, nel caso di Einaudi, come per Croce, non può che essere la libertà la quale vive concretamente sempre e soltanto nella storia, nelle opere degli individui, nelle istituzioni, nei partiti. Che era poi l’implicito pensiero di Croce nel teorizzare il liberalismo metapolitico o, come anche si potrebbe dire, metodologico. Ciò che Einaudi comprese quando, nel famoso dialogo col filosofo amico sul liberalismo e il liberalismo, affermava di concordare sul primato dell’etica sull’economia, intendendo per etica non un astratto codice di norme ma l’attività stessa della libertà.

Per un malinteso che risale a Guido De Ruggiero e che ripetono molti epigoni, fino a Matteucci, non si è compreso il senso delpensiero crociano, per cui il liberalismo italiano, nell’inseguire una concretezza che si voleva che Croce avesse negato (e invece non negò), si è chiuso in anguste regole dottrinarie confuse con concrete teorie politiche. Precludendosi, peraltro, la possibilità del dialogo con le altre ideologie non totalitarie.

Per dirla con la filosofia della complessità, il liberalismo italiano si è chiuso in una forma di riduzionismo economicista o istituzionale, a solo oggi ritorna ad aprirsi in un momento di grandi trasformazioni sociali ed economiche.

Nel volume di Silvestri, accurato e sempre intelligente, i due liberalismo italiani si intrecciano e si fondono, per cui, al di là delle singole interpretazioni con le quali si può o si può non consentire, il quadro che si delinea è un quadro complesso e mai banale.