Il rischio di trasformare il liberismo diffuso in anarchia e prepotenza.

Che il capitalismo italiano si trovi a vivere una stagione di grandi cambiamenti è ormai evidente a tutti, e i segnali di questo cambiamento sono ormai quotidiani e finiscono con l’investire l’intera sfera della vita etica e politica del paese. Vi sono, naturalmente, aspetti positivi di cui, di tanto in tanto, si parla. Ma non vi è dubbio che alcune resistenze conservatrici si affianchino, nevroticamente, a richieste iper rivoluzionarie di cambiamento. Ciò sarebbe normale se le due esigenze fossero sostenute da gruppi o persone diverse. Il problema è che i gruppi e le persone sono gli stessi.

Mentre si chiede, comprensibilmente, maggiore flessibilità, snellimento della burocrazia, apertura delle frontiere, liberalizzazione e privatizzazione, smantellamento dello Stato imprenditore e così via, si avverte, da parte del mondo imprenditoriale, una profonda diffidenza per l’attività dell’Antitrust: Giuseppe Tesauro, uomo intelligente ed equilibratissimo, con garbo ma con fermezza, ha ricordato parlando agli studenti universitari milanesi, la funzione essenziale della Commissione da lui presieduta che è quella di garantire il regime di concorrenza, di far rispettare le regole della concorrenza, che è, come dire, il cuore stesso del libero mercato. Naturalmente Tesauro ha ricordato questa che potrebbe sembrare una ovvietà perché i suoi interventi sono stati spesso, direi spessissimo, contestati proprio da quel mondo imprenditoriale che dovrebbe sostenerlo al massimo.

La verità è che, in Italia, manca, e manca in profondità, una vera cultura della libera concorrenza, della economia privata, mentre rischia di farsi strada una mentalità da capitalismo arrembante e arruffone, da assalto alla diligenza. La difesa della libera concorrenza è un principio fondamentale per un’economia che voglia dirsi libera. Ma è anche un principio fondamentale per l’intero assetto politico di un paese e, com’è ovvio, per l’etica stessa di una comunità che voglia dirsi libera e democratica. Per fare un vecchio esempio, caro agli economisti liberali, se io possedessi tutte le cartiere d’Italia o d’Europa, non sarei soltanto un uomo ricchissimo, antipatico quanto si voglia ma legittimamente ricco. Sarei anche un uomo in grado di condizionare la stampa di tutto il paese, l’informazione e con essa la libertà politica e morale di tutti i cittadini.

La funzione dunque che svolge l’Autorità Antitrust è di primaria importanza in un paese civile. Non è neanche possibile ipotizzare uno sviluppo serio e fecondo del nuovo, diffuso capitalismo italiano in assenza di regole chiare e ferme, che garantiscano la libera iniziativa di tutti gli imprenditori. Gli interventi di Tesauro, dunque, che sta cercando di dare anche un’anima all’apparentemente fredda istituzione che presiede, sono interventi tendenti a tutelare l’interesse della collettività e, all’interno di essa, in maniera specifica proprio quelli degli imprenditori. Si potranno discutere, naturalmente, da un punto di vista tecnico, le scelte dell’Autorità e non è per noi possibile intervenire nel merito. Ma ciò che si coglie, e si deve denunciare, è una certa indifferenza per il lavoro che l’Autorità svolge.

Tesauro ha anche ricordato come il monopolio privato possa essere perfino più pericoloso di quello dello Stato contro il quale ci stiamo battendo da anni. Insomma, che non si cada dalla padella nella brace rivestendo questa caduta da ideologica difesa di un liberismo antistatalista che è il contrario esatto del liberalismo economico. Forse la stampa e la stampa economica in particolare, dovrebbe cominciare, su questi temi, a porre maggiore attenzione. In un paese troppo statalista, si è condotta una battaglia che ha portato i suoi frutti: oggi la mentalità diffusa è radicalmente opposta a quella degli anni Settanta. E’ giunto allora il momento di vigilare perché il liberalismo diffuso non diventi anarchia o prepotenza. Il nuovo intervento dello Stato nell’economia non può essere un intervento sostanziale ma deve essere un intervento regolatore delle garanzie fondamentali di tutti i soggetti operanti nel mercato con un occhio speciale, perché no?, nei confronti dei più deboli.

Ernesto Paolozzi

Dal “Corriere economia” del 17 luglio 2000