L’ epistolario Croce – Laterza è stato presentato al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione dell’ uscita dell’ ultimo volume (1931-1943) edito da Il Mulino. L’ evento solenne si giustifica pienamente per la ricchezza e l’ importanza delle riflessioni pronunciate con la semplicità e la spontaneità tipica dei carteggi.
«Bisogna avere fiducia nell’ avvenire, coraggio nel presente. Passerà».
Così Benedetto Croce a Giovanni Laterza, ad esempio, riferendosi al regime fascista. Le lettere, che si pubblicano a cura di Antonella Pompilio e dell’ Istituto italiano per gli Studi Storici, sono quelle scritte dal 1931 al 1943 e concludono il lungo e fitto carteggio attraverso il quale si è potuta leggere, in filigrana, l’ intera storia italiana del Novecento.
In questi ultimi anni, anche se il dialogo attorno a temi squisitamente editoriali è centrale, acquistano particolare rilievo le tensioni e le preoccupazioni dovute alle censure, alle minacce e alle persecuzioni dovute al regime fascista. È il filosofo che, di tanto in tanto, invita alla cautela l’ amico editore per timore, potremmo dire, che il suo antifascismo potesse arrecare troppi danni alla casa editrice. Entrambi si mostrano sempre amareggiati e inquieti per la sorte dei più giovani collaboratori e amici, da Ragghianti a Parente, da Russo a Tommaso Fiore, per taluni aspetti più indifesi di fronte alle angherie del regime.
Anche il rapporto con la Chiesa cattolica si complicava fino a diventare urto e tensione.
Nel 1932, come è noto, la Storia d’Europa del secolo decimonono fu messa all’ Indice. Croce trova il modo di mostrarsi ironico, quasi a voler sdrammatizzare quella che rappresentava, in realtà, una tragedia eticopolitica. Il 16 luglio del ‘ 32, si prova a consolare il suo editore e amico: «lo stesso vi sarebbe avvenuto se Dante o Machiavelli vi avessero scelto per loro editore». Laterza, con orgoglio e sicurezza, gli risponde due giorni dopo: non ci avrebbe fatto caso se non per «la gente che viene a congratularsi e per un certo risveglio nelle richieste del libro».
Ma, come si è accennato, anche se è naturale, nella nostra prospettiva, guardare soprattutto alle vicende dell’ antifascismo, sono due le cifre autentiche del fitto carteggio che conclude un rapporto nato agli inizi del secolo. Quella dell’ amicizia, che non venne mai meno né si affievolì al cospetto di divergenze editoriali, diversità di opinioni circa la conduzione della casa editrice. E, sia detto per inciso, ciò che potrebbe meravigliare sono i numerosi inviti alla prudenza imprenditoriale del filosofo all’ imprenditore. Nel che è facile riconoscere la concretezza di Croce, come Einaudi sempre attento e misurato nelle questioni economiche.
Ciò non impedisce, naturalmente, di tanto in tanto, allo studioso di recuperare il suo ruolo e di mettere in guardia l’imprenditore nella preoccupazione che qualche incauta iniziativa editoriale possa danneggiare l’ intera fisionomia culturale della Casa editrice: «Ma il vantaggio di questa vendita, lo invita a riflettere, non compensa lo scredito della collana».
D’ altro canto, anche in questo caso la posizione crociana non è puramente giaculatoria o moralista.
Nel difendere il rigore delle scelte scientifiche, si preoccupa di ricordare, con arguzia, che un guadagno momentaneo può rivelarsi, nel futuro, una più grave perdita. Ma ciò che impressiona è la cifra autentica, quella culturale del carteggio nel suo complesso, a partire dalle primissime lettere.
Attraverso l’ immenso epistolario si può leggere l’ intera storia civile e politica italiana ed europea; si comprende pienamente di quale portata fu l’impronta culturale che il binomio Croce-Laterza conferì alla nostra cultura e, vorremmo dire, alla nostra civiltà. Fu un’opera di innovazione profonda e, per certi aspetti, rivoluzionaria.
Laterza pubblicò i maggiori filosofi e studiosi d’Europa e del mondo, e fece conoscere alla cultura italiana i maggiori filoni del pensiero contemporaneo.
Non si comprende come, negli anni passati, a qualcuno sia saltato in mente di poter affermare che Croce influì in modo negativo peggiorando il presunto provincialismo della cultura italiana. Provincialismo che non ci fu se non, come è evidente, durante il periodo fascista, per gli ovvi motivi che tutti possono facilmente intuire.
Un solo esempio può bastare: la pubblicazione di Max Weber, il sociologo tedesco che più degli altri ha influenzato in questa prospettiva gli studi più seri e rigorosi del Novecento. Eppure Croce fu ritenuto da alcuni frettolosi interpreti un acerrimo nemico della nuova disciplina, quella fisica sociale come la definiva Comte, che col tempo si trasformerà in sociologia.
La verità è che il filosofo avversò una particolare accezione della sociologia, quella appunto di origine squisitamente positivistica.
Il 28 luglio, l’ editore aveva inviato un semplice quanto icastico telegramma al Senatore: «Ella è presente quanto mai nel pensiero di tutti i componenti della Casa Laterza. Sia lodato Iddio». E, in un’ opportuna nota, Antonella Pompilio sottolinea che, nei Taccuini (una sorta di stringatissimo diario), Croce scrive di Laterza: «Il 26 luglio, resogli annuncio della caduta del fascismo, dispose dal letto in cui giaceva che a capo delle lettere e fatture della giornata si scrivesse: Sia lodato Dio». In quello stesso anno, il 1943, l’ editore si spegneva. Il fascismo era crollato da un mese.
Ernesto Paolozzi
Repubblica – 17 giugno 2010 pagina 1 sezione: NAPOLI Repubblica archivio