La sinistra e le primarie: dalla demagogia alla democrazia.

Una buona e una cattiva notizia per la sinistra napoletana.

Il gruppo consiliare regionale del Pd ha, a mio avviso molto opportunamente, proposto le primarie per l’indicazione dei parlamentari ove non si modifichi l’attuale legge elettorale che, come è noto, deruba i cittadini del loro diritto ad eleggere i propri rappresentanti.

La notizia negativa riguarda la parziale rottura fra Partito democratico e Sel per la composizione dei parlamentini delle Municipalità.

Veniamo al primo punto: le primarie. Umberto De Gregorio, da questo stesso giornale, le ha parzialmente criticate. Concordo con lui sul fatto che primarie, che non si fondino su precedenti elaborazioni politiche e, vorrei dire, su un sano confronto-scontro su posizioni culturali e politiche, possono tramutarsi in un espediente demagogico.

Detto questo vorrei però precisare che è un rischio altissimo per la democrazia contrastare le primarie, o l’introduzione delle preferenze alle elezioni, ritenendole pericolose perché manipolabili dai cosiddetti professionisti della politica. Se facessimo di questa affermazione una massima universale (direbbe un vecchio filosofo tedesco), dovremmo conseguentemente concludere che la democrazia è un grave, terribile, errore. Un’invenzione perversa tesa a circuire i popoli ed inventata per far eleggere delinquenti, camorristi, faccendieri di ogni sorta.

Ciò detto, è fuori dubbio che le primarie possano essere in qualche modo inquinate e che, col voto di preferenza, sono state elette anche persone poco raccomandabili. Ma, francamente, non mi sembra che, nel suo complesso, sia stato proprio ciò a mettere in pericolo la democrazia repubblicana italiana. Far credere il contrario all’opinione pubblica significa consegnare il nostro paese a demagoghi di destra o di sinistra essi sì veramente pericolosi, come in questi anni abbiamo avuto modo di sperimentare.

E’ giusto invece sottolineare con forza l’idea che le primarie dovrebbero essere precedute da incontri pubblici che consentano un ampio e partecipato dibattito.

E’ grave che la sinistra continui a non trovare un reale accordo fra le sue componenti, a cominciare da un franco chiarimento con il partito di Di Pietro che, quando propone leggi speciali, si colloca, francamente, fuori dall’orizzonte ideale di una sinistra democratica, riformista e liberale.

Tutti i sondaggi indicano che i partiti della sinistra potrebbero vincere abbastanza agevolmente le prossime elezioni. Ciò nonostante essa si presenta senza un leader riconosciuto, senza una linea programmatica comune e divisa in correnti e correntine troppo spesso opportunistiche e rissose (c’è chi ne ha contate diciassette nel solo Pd).

Cosa accadrebbe, ci chiediamo tutti, se la sinistra, unita attraverso un dibattito largo e diffuso culminante in una Costituente, in una sorta di Bad Godesberg italiana, insomma una sorta di megacongresso a tesi nel quale contino le idee e non le tessere, le posizioni politiche e non le correnti personali, cosa accadrebbe se questa sinistra, al culmine di tale processo, attraverso pubbliche e corrette primarie, indicasse il candidato premier e una squadra credibile e coerente?

Saremmo troppo ingenui se pensassimo che potrebbe, non vincere, ma stravincere le elezioni, considerata la debolezza degli avversari?

Era questo il senso dell’appello lanciato da Manifestoasinistra a tutte le forze di sinistra e, soprattutto, ai tanti cittadini che si riconoscono in quell’orizzonte ideale e politico. Una proposta che va nel senso di aiutare i partiti, non di combatterli, di mettersi al servizio dei partiti, e non contro di essi. Un modo serio e sobrio, mi permetto di dire, di coprire quello spazio che altrimenti viene lasciato all’antipolitica che, ne siamo più o meno consapevoli, alla lunga rafforza sempre e soltanto le destre a discapito, occorre non dimenticarlo, di quei ceti che si vorrebbero proteggere.

Come si vede, da allora qualcosa si è mosso. Proposte come quelle del gruppo regionale del Pd o la creazione di nuove associazioni come la Lega democratica, ed altri fermenti nel mondo giovanile mostrano che l’esigenza posta è reale, non politologica, non strumentale o velleitaria.

Si dirà, col solito, giusto, realismo che non sarebbe un bene per la sinistra, da sola, governare in un momento di così grave crisi; che sarebbe meglio condividere con le altre opposizioni del Centro il governo del paese. Non lo neghiamo. E’ un ‘argomentazione che ha le sue buone ragioni. Ma perché mai questa possibile alleanza deve necessariamente concretizzarsi al ribasso, dividendo la sinistra e rischiando ciò che i vecchi politici di sinistra hanno sempre temuto, di avere, ci si passi il gioco di parole, un nemico a sinistra?

Se la sinistra guadagnasse un’identità definita, una chiarezza di posizioni politiche e una leadership forte, riconosciuta e sicura, potrebbe stringere alleanze molto più convincenti e certe, senza sospetti di opportunismo o ridondante tatticismo. Ciò che è già accaduto nella storia anche recente.

Si dirà che sperare nel processo unitario a sinistra è velleitario come mostra la sia pure marginale esperienza delle Municipalità. Probabile, ma vi sono momenti in cui bisogna rivendicare, con fermezza e petulanza, il diritto ad essere velleitari.

Ernesto Paolozzi

La Repubblica-Napoli 28 ottobre 2011: http://napoli.repubblica.it/prima