Il pensiero di Croce e le radici culturali dell’Europa.

Dopo un periodo di forte impegno europeista, l’introduzione dell’euro, con i suoi pregi e con i suoi inevitabili difetti, ha riportato in auge antiche divisioni. La tormentata nascita della Carta costituzionale europea, che doveva rappresentare (e spero sarà) il momento culminante dell’unificazione ha aperto nuove lacerazioni, come quella provocata dal dibattito sulle radici cristiane del nostro continente.

Da questo punto di vista sembrerebbe dunque che il processo di unificazione vada arrestandosi ma, d’altro canto, le radici culturali dell’Europa, la sua identità, sono ben salde, profonde. Basti pensare che proprio in questi mesi torna a circolare in Europa il pensiero crociano in modi del tutto insospettati.

La Francia è un grande paese la cui cultura, generalmente, è portatrice di valori universali da almeno tre secoli. Eppure, per tanti aspetti, presenta dei tratti identitari molto marcati che, talvolta, possono diventare addirittura chiusure.

E’ noto al mondo culturale che, mentre l’ Italia è tendenzialmente esterofila, esageratamente esterofila, è difficilissimo che le istituzioni culturali francesi si aprano alle culture straniere se non proprio quando se ne avverta improrogabile la necessità.

In questo contesto è dunque una notizia di una certa importanza che nei programmi per i concorsi a cattedra dei docenti francesi di filosofia nelle scuole superiori (l’Agrégation), fra i testi da presentare alla prova orale, nel programma di quest’anno è stata inserita per la prima volta un’opera di Benedetto Croce, l’Estetica. Per preparare i candidati allo svolgimento dell’esame, all’Università Jean Moulin di Lione, su iniziativa di Bruno Pinchard, si è tenuta una giornata di studi dal titolo “Pensare l’estetica con Benedetto Croce” con conferenze di Giuseppe Galasso, Paul Olivier, Fabio Ciaramelli e Luca Salza.

D’altro canto, se andassimo a scandagliare con maggiore attenzione gli ultimi esiti dell’estetica francese, scopriremmo come anche in quel grande paese si profila, accanto a classiche posizioni razionaliste o positiviste, un’estetica dell’intuizione, se così vogliamo esprimerci, o dell’ermeneutica, molto più vicina a Croce di quanto si possa sospettare ad una prima, superficiale, lettura.

Potrebbe essere, per i francesi come per noi italiani, interessante approfondire lo spunto che lo stesso Croce fornisce nei suoi studi di storia dell’ estetica, approfondimento che certamente non dispiacerebbe a Fabio Ciaramelli considerata la sua formazione culturale, di frontiera interdisciplinare. Croce afferma che, se si dovesse rintracciare una vera e propria tradizione filosofica francese nell’ambito della filosofia dell’arte, non la si dovrebbe cercare fra i filosofi “di professione” o nella cultura accademica. La si dovrebbe cercare fra gli scritti di estetica di Boudelaire e Flaubert, che rompono, finalmente, con la tradizione, cartesiana prima e illuminista poi.

Di grande importanza è il bellissimo volume bilingue Benedetto Croce cinquant’anni dopo pubblicato dall’Accademia di Ungheria a cura di Krisztina Fontanini, Janos Kelemen, Jozsef Takacs. Hanno contribuito all’opera studiosi ungheresi, italiani e americani con saggi di notevole importanza, che è qui impossibile discutere. Nella Prefazione si legge:

“Benedetto Croce, il più grande ed internazionalmente più noto pensatore italiano del Novecento, autore di opere di valore intramontabile in campo filosofico, estetico, storico, critico letterario e varia altre discipline umanistiche, ha esercitato notevole influenza anche sulla vita intellettuale ungherese.”

Sono dunque le frontiere culturali quelle che vanno, prima di tutto, abbattute, per evitare che l’Europa diventi un’artificiosa costruzione burocratica.

Ernesto Paolozzi

Da “La Repubblica” 16 maggio 2005