Lo sviluppo del Mezzogiorno sulle spiagge: dategli le brioche!

Giulio Tremonti è apparso in una breve intervista televisiva, scamiciato e allegro, affermando che, per rilanciare alla grande lo sviluppo turistico del Mezzogiorno, a suo modo di vedere si sarebbero dovute vendere o affittare per cento anni, le spiagge del nostro litorale.

Francamente, dopo un attimo di sbalordimento, mi è sembrato che l’affermazione del vicepremier somigliasse a quella che si attribuisce all’incauta e sfortunata Maria Antonietta che, ai francesi che chiedevano il pane, rispose consigliando loro di mangiare le brioche.

Può sembrare una battuta la mia, e neanche troppo originale. Ma corrisponde ad uno stato d’animo vero che molti, troppi di noi, vivono in questi giorni. Mi spiace che Stefano Caldoro, che è persona che stimo, abbia investito la sua fiducia proprio in un Tremonti convertito da sostenitore dall’asse del Nord a difensore del Mezzogiorno.

Mentre infatti Caldoro rilasciava su questo giornale un’intervista nella quale cercava di difendere l’operato di Tremonti, l’ex superministro dell’economia spiazzava giornalisti e politici con le dichiarazioni estemporanee sul Sud e le sue spiagge.

Sono pronto a scommettere cifre che non possiedo sul fatto che qualche esperto di comunicazione ci spiegherà che Tremonti ha, astutamente e intelligentemente, artatamente pronunciato quella solenne sciocchezza perché ben sapeva che tutti ne avrebbero parlato, che sarebbe diventato centrale per alcuni giorni nel dibattito politico sul Mezzogiorno.

Ma, non me ne vogliano gli esperti, anche questo atteggiamento, tendente a premiare l’astuzia e la spregiudicatezza, ha rotto le scatole, per dirla con franchezza, e offende, ormai, chi da troppo tempo assiste a questi giochettì praticati sulla pelle ed il futuro di milioni di uomini e donne.

E non solo perché c’è un senso di rivolta morale nei confronti di simili contegni, ma anche perché hanno perso perfino la iniziale carica di astuzia, la caratteristica della spregiudicatezza. Appaiono infatti, alla grande maggioranza dell’opinione pubblica, per quello che sono e dunque, credo e spero, finiscono col ritorcersi contro chi continua ad adottarli. E’ come se avessero fatto rivedere ai contadini che attorniavano il duce trebbiatore durante la battaglia del grano, quelle stesse immagini qualche anno dopo, quando il pane era razionato ed era quasi impossibile sfamare una famiglia italiana, ricca o povera che fosse.

Dico questo perché la politica italiana ha bisogno di serietà, in questo momento come poche altre volte nella sua storia. L’Europa intera, e il nostro Mezzogiorno in maniera ancor più drammatica, si trovano a fronteggiare una situazione economica che potrebbe divenire veramente drammatica.

Oramai l’interrogativo sul declino dell’Occidente non è solo uno scherzo intellettualistico ma una sfida che si deve accogliere e, possibilmente, vincere. Credo che il modo più astuto e spregiudicato, ossia più politico se si vuole, di affrontare tale questione sia oggi la serietà, quella che tutti abbiamo in questi giorni riscontrato nei tratti di De Gasperi rappresentato da Liliana Cavani e nelle parole che il Presidente Ciampi ha pronunciato in occasione della festa della Liberazione.

Ernesto Paolozzi

Da “La Repubblica” 27 aprile 2005                                                                                                                                                         Repubblica archivio