Marinetti, Di Giacomo e la Piedigrotta futurista

” Questo è il grande Poeta Salvatore Di Giacomo, blocco di sentimenti napoletanamente espressi, elevati all’intensità della grande arte, un dialetto perfezionato, reso poetico senza fronzoli; sintesi lirica raggiunta da un cuore napoletano, che immortala lo scugnizzo, il vicolo, l’assassino per amore, la bruna al balcone, la gelosia dialogante colla luna, la luna e le stelle giocano col mare. Concludendo Egli dà ai giovani una lezione futurista di instancabile marcia alla conquista del nuovo.”

E’ Filippo Tommaso Marinetti che scrive, in una sorprendente, forse quasi incredibile, commemorazione di Salvatore Di Giacomo tenuta alla metà degli anni ’30. Questo scritto mi è tornato alla mente leggendo le acute e affettuose dichiarazioni di John Turturro rilasciate ai margini della nuova Piedigrotta napoletana intelligentemente dedicata al futurismo. Una strana combinazione, non c’è che dire, fra il Turturro che vuol rilanciare nel mondo i suoni e le melodie del Sud e il fondatore del Futurismo che additava ai giovani la poesia non passatista del grande Di Giacomo.
Ma lasciamo parlare Marinetti:

“Si dice che il Golfo di Napoli è il più bel golfo del mondo. La baia di Rio de Janeiro è più vasta; ma senza voce. Il golfo di Napoli, invece è l’unico golfo del mondo che abbia una sua arte musicale capace di cantare. La baia di Rio de Janeiro non ha creato un poeta, né una canzone. Perché? Le ragioni sono profonde. E’ perché ogni parto artistico della natura avviene per virtù di proporzioni e di equilibri. Ora la baia di Rio de Jainero manca di proporzioni. E’ smisurata. E’ formata da un arcuato succedersi di montagne mammellute e boscose la cui selvaggeria antiumana sembra appena emersa dal diluvio universale.”

Turturro vuole esplorare Napoli più che comprenderla, coglierne le vere o presunte contraddizioni più che non analizzarle. E vuole osservarle con passione, con affetto.
Marinetti nota:

“Si può inoltre osservare che se da un lato i napoletani rappresentano una somma di sentimenti, un delirio di affetti, un’intensità di desideri amorosi, dall’altro a Napoli sono apparsi i cervelli più logici, più precisi, più matematici; cervelli capaci di tagliare in cento, duecento pezzi gli argomenti alla guisa del chimico o del chirurgo. Voi avete avuto i più grandi avvocati dotati insieme di ardore patetico e di frigide precisioni infinitesimali.”

Sarà vero che Di Giacomo non è un poeta passatista ma futurista?

“Si dirà, continua Marinetti, perché mai un poeta futurista parla di Salvatore Di Giacomo. I poeti futuristi come me, hanno avuto sempre un amore assoluto per l’Italia e quindi per le sue bellezze compresa quella esaltata e descritta da Di Giacomo: Napoli. Un altro problema si pone. Un grande poeta come Salvatore Di Giacomo può essere considerato passatista? No. Il passatista è ben diverso: ve ne farò il ritratto. Passatista in arte è colui che, maneggiando una materia incandescente, ne rimane schiacciato e consumato. Per esempio, se si tratta del blocco incandescente di sentimenti colori gesti suoni che caratterizza Napoli chiamo passatista il poeta che non lo sa plasmare.”

Ma così, giusto per consolarci dei tanti dispiaceri vissuti in questi mesi, leggiamo le parole conclusive di Marinetti senza aggiungere ridondanti e banalizzanti commenti:

“La vostra Napoli che io mi compiaccio di chiamare affascinante pigiatura di cuori, è una miniera di motivi ispiratori inesauribili. Scavatela, Egli (Di Giacomo) vi guida e ne trarrete canti sorprendenti di novità. Una ricerca di nuovi motivi napoletani caratterizza già i vostri geniali poeti: Libero Bovio, Murolo e il mio amico Francesco Cangiullo creatore di quell’originalissimo poema Parolibero Piedigrotta assolutamente napoletano ed insieme assolutamente nuovo. Questi mi consigliano di lanciare a gran voce, perché abbracci il vostro golfo, una rovente parola e raggiunga la grande ombra immortale del caro Salvatore Di Giacomo: Poesia! Poesia! Poesia!”