Napoli e Milano capitali decadute.
Napoli e Milano, le due città simbolicamente rappresentative della complessità del paese. Roma è un caso a parte. E’ costituita da tre città che si sovrappongono in uno spazio culturale e politico a sé stante: la capitale, la città vera e propria e il Vaticano.
A Napoli e a Milano si gioca il futuro di una nazione nella quale le province, i localismi e i particolarismi, giorno dopo giorno, prendono la scena, erodono il profilo stesso della nazione italiana. Delle crisi di Napoli si torna ciclicamente a parlare almeno dall’ Unità d’ Italia. Delle crisi di Milano molto più raramente, in verità quasi mai. Venne alla ribalta la decadenza della cosiddetta Milano da bere all’ indomani della caduta di Craxi. Si intese, con ciò, dare un giudizio essenzialmente morale e, in parte, ipocritamente moralista su un’ epoca qualificata come l’ epoca dell’ edonismo, della corruttela, della tracotanza del potere politico ed economico. Oggi sono altri i toni con i quali si torna a discutere del declino della grande metropoli del nord.
Se prima, accanto alla critica morale, si scorgeva una certa soddisfazione per la centralità economica di quella città, oggi si avverte un segno di smarrimento più profondo, come se, assieme alla caduta di tensione morale e solidaristica, si percepisse una decadenza strutturale, della composizione sociale, economica, politica e culturale della città. Insomma, come se il ruolo di guida che Milano ha assunto per tanti anni sia ormai esaurito per sempre.
Qualcosa di analogo accade a Napoli. La nostra città, pur fra tanti limiti oggettivi e tanti difetti che la consuetudine letteraria non è stanca di rimproverarle, rappresentava, per il nostro paese, un simbolo di creatività, vitalità e originalità. Quasi che la fattività di Milano e la peculiarità di Napoli, insieme, facessero dell’ Italia un grande paese. Al di sopra delle polemiche campaniliste, tutto sommato, l’ Italia poteva andare fiera di queste due capitali. Oggi sembra possa solo vergognarsene. È solo uno stato d’ animo? O c’ è qualcosa di più profondo?
Qualcosa di nuovo che dobbiamo sforzarci di comprendere innanzitutto e poi di risolvere? Non ci aiuta certamente il panpoliticismo italiano, che è la faccia dialetticamente connessa all’ antipolitica, per cui tutto si attribuisce sempre alla responsabilità della classe politica, di sindaci e amministratori. Non che non vi sia, naturalmente, la responsabilità politica. Ma da sola non basta a spiegare fenomeni di così grande complessità.
D’ altro canto, in Campania e in Lombardia, abbiamo da più di quindici anni due coalizioni di governo assai diverse. Vent’ anni fa, Milano era forse la città più europea dell’ intera Europa. Sullo scacchiere mondiale oggi l’ Europa vale la metà di allora e Milano, nell’ Europa, vale ancora di meno. Napoli avrebbe avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo del Mediterraneo nell’ ambito di una nuova, grande, Europa. Dell’ Europa abbiamo detto. Cosa sia diventato il Mediterraneo è sotto gli occhi di tutti.
Milano e Napoli, assieme e in modo diverso, erano centrali nella crescita culturale di un’ Italia sempre più impegnata ad emanciparsi dall’ antico provincialismo. Oggi, come si è detto, è la provincia che detta regole e valori all’ intero paese. Cosa altro è, al Nord, il dominio psicologico della Lega sulla città che fu di Beccaria e Manzoni? Su quale futuro può contare una Napoli che affida ormai il proprio destino ad una periferia che stenta a coniugare attivismo economico a progresso civile? Si dirà che così ci si rifugia nella geopolitica oppure nel mero sociologismo.
Il problema è che non ci si rifugia, ci si viene cacciati dentro dalla forza della realtà. Lo scopo di questa breve riflessione è soltanto quello di sollecitare le energie migliori delle due città (probabilmente sono tantissime) a riflettere su questi ed altri temi, anche se è più comodo limitarsi a polemizzare sulle vicende politiche. Più comodo e forse anche più piacevole. Ma fino ad un certo punto, perché ormai anche il gossip politico sta venendo a noia, e quando ciò accadrà, se non ci sarà altro da dire e da proporre, la democrazia italiana sarà veramente nella morta gora. Ernesto Paolozzi
Repubblica – 16 luglio 2009 pagina 1 sezione: NAPOLI Repubblica archivio