PD, la religione e la democrazia: l’imbarazzo dei laici

Finalmente, sia pure sotto forma di indiscrezioni giornalistiche, cominciano a rendersi note le proposte culturali e organizzative che vengono elaborandosi nelle Commissioni insediate dal primo Segretario del Partito democratico.

Non sarebbe male se, anche in sede locale, si aprisse un dibattito e se ne discutesse liberamente, tanto più che anche in Campania è ormai operativa la Commissione Statuto. Proviamo dunque a fare un punto della situazione.

Sul piano culturale e programmatico, sembra profilarsi l’idea di un partito autenticamente riformista, capace di dialogare con il cosiddetto mondo moderato ma non per questo fuori dall’orizzonte della sinistra democratica e liberale.
Sempre dalle indiscrezioni, si apprende però che si vorrebbe inserire un richiamo alla necessità della religione come fondamento e garanzia della democrazia.

Non si tratta, propriamente, di un’idea nuova, dato che è centrale, se vogliamo riferirci ad un grande classico, nell’opera di Alexis de Tocqueville. Il grande studioso della democrazia moderna temeva che senza valori forti e condivisi, di cui la religione certamente è elemento centrale, il sistema democratico, una volta caduti i principii di autorità sui quali si fondava l’antico regime, non sarebbe stato in grado di garantire la governabilità.

E’ un punto di vista importante che vale però, a mio modo di vedere, in sede di discussione teorica, di analisi generale rispetto alla tenuta di un regime politico e del sistema della democrazia in particolare. Che si possa inserire oggi in quello che deve essere il Manifesto ideale di un partito, ossia di una parte politica, mi sembra, però, francamente fuori luogo e fuori tempo. Dannoso, se si vuole, sia per la democrazia che per la religione. E, dunque, per il Partito democratico.

L’esigenza del richiamo alle radici cristiane (che è comunque altro, se abbiamo bene inteso, da quanto si vuole proporre) è plausibile nel contesto della fondazione di uno Stato, come è accaduto per la nuova Europa dove pure, come è noto, la questione ha creato dissidi e lacerazioni tanto da essere, alla fine, accantonata. Ma nell’ambito del costituendo partito, non può che mettere in imbarazzo i laici, riaprendo una vecchia questione che, si spera, sia stata abbandonata da tempo.

Quanto alla religione, utilizzarla quasi come uno strumento per assicurare ad un sistema politico la capacità di governare uomini e donne non in grado di governarsi senza far ricorso ad autorità esterne, è un modo di immeschinire la religione, che è cosa molto più grande ed importante.

Perciò, e mi scuso per l’autocitazione, nel mio libro su Il partito democratico e l’orizzonte della complessità ho ricordato, a proposito del cosiddetto Pantheon del Pd che San Tommaso d’Aquino è bene che sia nella coscienza di ciascuno, laico o religioso che sia, e fuori dei Pantheon di tutti i partiti.

Sul terreno organizzativo, sembra invece che stia uscendo sconfitta la linea di Vassallo, quella cioè del cosiddetto partito leggero che a me, per la verità, appariva un partito plebiscitario nel quale, il richiamo alle primarie maschera l’abolizione di fatto di ogni altro potere della base che non sia la mera ratifica di scelte già compiute da un ristretto gruppo dirigente.

Un partito europeo (in America la realtà organizzativa è totalmente diversa), come abbiamo già detto tante volte, deve essere un partito nel quale i tesserati, o gli aderenti che dir si voglia, devono poter entrare a pieno titolo nel processo politico.

Certamente, alla fine sarà il gruppo dirigente a prendere le scelte, a governare, ad assumere le responsabilità del proprio operato. Ma è necessario che ascolti, come si dice, il corpo vivo del partito e del territorio e che, lasciatemelo dire, compia almeno la fatica di chiedere i voti, di convincere e persuadere la propria base che è poi la fonte della sua stessa legittimazione.

Naturalmente è un bene che, accanto alle forme tradizionali di organizzazione se ne sviluppino altre che possano riavvicinare i cittadini alla politica: l’utilizzo dei forum, dei referendum sui grandi temi e delle primarie a patto che siano primarie vere. Ma tutto ciò sembra stia emergendo dalla discussione in atto e non sarebbe male se questo dibattito venisse portato non troppo tardi a piena conoscenza dell’opinione pubblica e offerto alla libera discussione in un Congresso nazionale preparato e preceduto dalle assemblee regionali e provinciali.
Il Partito democratico è dunque in movimento, e questa è, finalmente, una buona notizia.

Ernesto Paolozzi

da “la Repubblica Napoli” del 20 dicembre 2007                                                                                                                            Repubblica archivio