Le primarie  e i problemi del Sud: dalla questione morale alla questione ambientale

Si sono ormai messe in moto le macchine organizzative dei candidati e dei partiti, gruppi e movimenti che li sorreggono, per le primarie del centrosinistra. Si tratta di scegliere, se abbiamo ben compreso, il candidato premier e le linee programmatiche da opporre al centrodestra. Ora, a me sembra che lo sforzo che i partiti meridionali, i sindacati, e i cosiddetti rappresentanti della società civile debbano compiere è quello di porre ai candidati e ai loro staff domande fondamentali circa le loro idee per il Mezzogiorno e Napoli dopo anni nei quali un governo tendenzialmente nordista ha acuito i mali che da tempo affliggono le nostre terre.

Mi sembra che questa sia la vera questione morale da affrontare, con serietà e rigore. Si tratta di scegliere innanzitutto una metodologia. Mi sembra evidente, ad esempio, che si debbano porre questioni che vanno oltre le competenze regionali, provinciali e comunali e che, quale che sia la concezione del federalismo, non sono oggettivamente risolvibili a partire dal mero dato locale. Mi spiego. Prendiamo, ad esempio, quella che, a mio avviso, è la questione morale per eccellenza, immediatamente dopo, naturalmente, l’emergenza criminalità organizzata. Parlo della devastazione compiuta, dal dopoguerra in poi, delle coste fra le più belle del mondo, dell’area Flegrea a Nord e la costiera che va da Ercolano a Vico Equense a Sud. Penso al recupero urbanistico del più grande centro storico d’Europa, quello di Napoli, che negli ultimi anni è stato avviato pur in condizioni di assoluta mancanza di mezzi finanziari e strumenti legislativi.

La compromissione di queste larghe fasce di territorio (ho motivo di credere che in molte altre parti del Sud la situazione sia analoga) è tale da dover mobilitare intelligenze e risorse che coinvolgano direttamente l’intero paese e la stessa Unione europea. E’, dunque, questione di volontà politica porre all’ordine del giorno del nuovo programma di governo del centrosinistra la questione morale-ambientale del Sud d’Italia.

Della malavita organizzata è perfino ovvio parlare. Senza uno sforzo complessivo che impegni, anche in questo caso, risorse e intelligenze particolari in ausilio della magistratura, delle forze dell’ordine e delle associazioni di volontariato, è del tutto inutile pensare che si possa affrontare la questione in modo non demagogico.

E’ necessario porsi la domanda fondamentale sull’idea di sviluppo economico che s’intende promuovere per Napoli e per il Sud. Non è plausibile che una Regione promuova il reddito di cittadinanza mentre un governo nazionale, ad esempio, tollera il lavoro nero interpretandolo come una sorta di spontanea flessibilità del lavoro. Non è pensabile che un’altra Regione punti sullo sviluppo turistico mentre dal centro si praticano politiche tese a rinforzare grandi infrastrutture in altre zone del paese.

Sul grande tema della ricerca scientifica e della pubblica istruzione, cosa si vuol fare nel Mezzogiorno d’Italia? Promuovere l’eccellenza o cospargere il territorio di inutili Università provinciali, e quasi comunali, come sta accadendo?

Sono solo esempi. Ma che dovremmo dire a proposito della politica finanziaria, soprattutto riguardo al tema del costo del denaro, al Sud tanto elevato, e cosa dovremmo pensare di fronte al disastro che potrebbe provocare il cosiddetto accordo di “Basilea 2” per le piccole aziende meridionali? Nel Mezzogiorno, per porre la questione in modo generale, è necessaria una politica economica interventista, o parzialmente interventista, o sarebbe preferibile scommettere su una maggiore flessibilità e liberalizzazione dei mercati? E quanto ciò è compatibile con il bilancio complessivo dello Stato?

La classe dirigente del Sud, uomini politici e imprenditori, sindacalisti e rappresentanti del commercio e delle professioni, devono trovare la forza di rispondere a queste domande e di provare ad ” imporle”, nella logorante e faticosa mediazione che è la politica, al candidato che probabilmente vincerà le primarie e ai partiti che, in vario modo, lo sorreggono.

Oggi regna una sovrana confusione, e non sembrano avviarsi iniziative e ragionamenti tesi a costruire una nuova politica per il Mezzogiorno. Anzi, spiace dirlo, le escursioni in campo etico, di questo o di quell’altro, rispetto alle auto blu o alle consulenze, sembrano quasi rappresentare un diversivo rispetto alla vera emergenza morale del Mezzogiorno.

Purtroppo, l’opinione pubblica si mobilita più facilmente solleticando il sentimento dell’invidia nei confronti dei “potenti” con le auto blu che non quando viene posta al cospetto di un problema veramente serio come quello dell’acquisizione del Banco di Napoli da parte di una grande banca piemontese. Eppure, il danno arrecato ad ogni singolo cittadino dalla perdita del cervello dei una delle più antiche banche d’Europa è immenso rispetto all’eventuale spreco di denaro pubblico per consulenze o benefit vari. Questa polemica non ci fa progredire di un passo. Mentre sarebbe invece un segno di forte e concreta rinascita impegnare le tante energie morali, che esistono, sui grandi temi che abbiamo segnalato e i tanti altri che ognuno potrà segnalare.

Ernesto Paolozzi

Da “La Repubblica” del 27 agosto 2005

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