Il voto a Napoli e a Milano
Potrebbe essere utile, per il nostro futuro politico, mettere a confronto il voto di Napoli e Milano.
Luigi de Magistris è stato votato per protesta? Certo, ma non solo. Per protesta nei confronti delle vecchie amministrazioni e del Pd ma anche nei confronti del governo nazionale, di Berlusconi e della destra. Ma ha raccolto anche un voto che definirei di orgoglio e di speranza. Molti giovani hanno votato e soprattutto militato per lui sia in piazza che sul web. Volevano dimostrare che Napoli non è la città dei rifiuti e della camorra. Una grande città viva e capace di riscattarsi. È su questo patrimonio, non sulla protesta, che si potrà costruire qualcosa di duraturo anche se gli umori e le passioni, quali che siano, durano poco. Giuliano Pisapia è stato votato per protesta, per liberare Milano? Certamente. Liberarla non dall’ immondizia ma da una classe politica leghista, ipocritamente cattolica, e populista che aveva trasformato una grande metropoli europea in un abnorme paesone padano. Pisapia è stato anche votato perché la borghesia e i lavoratori hanno intravisto in lui la possibilità di costruire un nuovo modello di sviluppo e una nuova rete di relazioni sociali.
A Milano come a Napoli ha spirato un vento unitario, di pacificazione, propiziato anche da Giorgio Napolitano.
Come se all’ improvviso ci si fosse stancati dell’ odio che per troppi anni ha lacerato il nostro paese. Il doppio concerto elettorale di Vecchioni a piazza Duomo e a piazza Dante è il simbolo di questa campagna elettorale, forse il più significativo. Ma Napoli è accaduto un fatto nuovo, forse inedito per i tempi recenti. La vittoria di de Magistris è coincisa con la quasi scomparsa dei partiti politici, soprattutto del Partito democratico. A Milano il partito di Bersani ha trasformato la sconfitta alle primarie in una rivincita politica che ha collocato (auspice anche la vittoria di Fassino a Torino) il partito di nuovo al centro nel Nord e in tutt’ Italia. Tranne che a Napoli.
Alle spalle di Pisapia sembra che ci sia anche un nuovo blocco sociale, come si è accennato, formato da una borghesia di nuovo “illuminata” e da un “popolo” di nuovo consapevole dei suoi diritti sociali. Il voto trasversale che ha premiato de Magistris è invece un voto per ora indistinto, schietto e spontaneo, ma non ancorato a un sia pure sorgente blocco socio-economico.
Diversità non da poco, come si vede, che pongono sia Napoli che Milano al centro di un possibile processo politico oggi solo agli albori.
A Milano si potrebbe prevedere infatti, soprattutto a sinistra, la creazione di un nuovo profilo politico capace di essere assieme riformista e radicale e del quale il Partito democratico rappresenta sicuramente l’ architrave ma non l’ unica forza portante. A Napoli l’ assenza, di fatto, del Pd potrebbe invece costituire un grave handicap alla costruzione di una reale alternativa politica al berlusconismo. La responsabilità dunque dei dirigenti nazionali e locali del Pd è enorme perché qui si gioca una partita decisiva.
Mi permetto di ricordare che da anni cerco di distinguere fra il riformismo e il moderatismo.
Il riformismo, quello vero, è intrinsecamente rivoluzionario, è, per così dire, liberante, non si limita a difendere il buono acquisito ma prospetta nuovi orizzonti e nuove visioni della vita. Una libertà per e non solo da. È questo il comune denominatore che deve essere a fondamento di una nuova alleanza alternativa nella quale forze politiche come quelle rappresentate da Vendola e da Bersani possono svolgere un ruolo fondamentale per costruire, con nuovi linguaggi e nuovi comportamenti, una sinistra socialista e liberale neo riformista ed europea. Il fatto che a Napoli i partiti siano ai minimi storici potrebbe rappresentare una grande opportunità perché si potrebbe cominciare a ricostruirli liberi dai lacci e lacciuoli che fin qui li hanno strangolati. Ma senza i partiti non sappiamo immaginare una democrazia compiuta.
Ernesto Paolozzi
da la Repubblica 07 giugno 2011 – pagina 1 sezione: NAPOLI Repubblica archivio