18 aprile 2012 – pagina 14 sezione: NAPOLI
LA NOSTALGIA, il ricordo, hanno una forza indicibile nel governare la nostra vita, il nostro animo. Forza sublime, finché non si tramuta in malattia dell’ anima, indispensabile per comprendere la realtà storica se non diventa pericolosa ed ottusa difesa del passato. L’ arte si nutre di nostalgia e ricordi da sempre, in certi momenti quasi esclusivamente. Chi ha passato i 40 anni non può non avere nostalgia per la radio, per il ricordo di quel mezzo di comunicazione che rappresentava una parte importante della vita intima, sentimentale. Chi non ricorda le mitiche domeniche di “Tutto il calcio minuto per minuto”, le attese del sabato mattina per ascoltare la “Hit parade” di Lelio Luttazzi? Chi non ricorda i personaggi di “Alto gradimento”? Non è difficile incontrare qualcuno che, in un eccesso proustiano, ha inserito come suoneria del proprio cellulare la celebre musica di Julius Steffaro che introduceva le radiocronache di Enrico Ameri e Sandro Ciotti. Storia vecchia, roba del passato archiviata dalle nuove tecnologie comunicative, televisioni, cinema e, da un po’ di tempo, internet: il trionfo della civiltà dell’ immagine. E invece no. La vecchia radio, da qualche tempo, si sta prendendo le sue rivincite. Aumentano di nuovo gli ascolti ma, soprattutto, si coglie nei suoi ritmi, nei suoi colori sonori, una dimensione nuova che torna ad affascinare. Hanno dunque fatto molto bene gli organizzatori del rinato premio giornalistico intitolato ad Armando de Simone, a dedicare l’ edizione del 2012 al giornalismo radiofonico. La premiazione avverrà a conclusione di una tavola rotonda sul tema “Radio: informazione in libertà” che si terrà domani alle 17.30 all’ Istituto per gli studi filosofici. Fra gli altri interverranno Ottavio Lucarelli, Gino Giammarino, Marco Esposito, Luigi Compagna, Claudio Agrelli e Renato Marengo. Nella sua lunga storia la radio ha conosciuto momenti di grande valore storico ed etico-politico nella lotta per la libertà e la democrazia. Senza voler scomodare Radio Londra, basterà ricordare la grande stagione delle cosiddette radio libere, quelle che, in anni di relativo conformismo televisivo, ruppero un fronte apparentemente compatto ed invincibile, parlarono a nuove generazioni, introdussero, nel bene come nel male, comportamenti e stili di vita nella vita sociale così come nella vita privata di tanti italiani. Ancora, rappresentarono un momento autentico di partecipazione popolare alle scelte politiche e di costume della nostra società. Oggi non è più così, per la verità. Ma la radio rappresenta comunque un interstizio di libertà nello straripante flusso d’ informazioni. La radio dunque riesce, in questa sua seconda giovinezza, a preservare dal narcisismo straripante che ci caratterizza, uno spazio intimo che ci accompagna quando la si ascolta in solitudine in auto o in casa. Una rivincita dell’ oralità nei confronti della civiltà dell’ immagine. Ciò non significa, naturalmente, che i giornalisti radiofonici siano migliori di quelli televisivi. Giova forse il fatto che non li vediamo. – ERNESTO PAOLOZZI