Un mercato sopranazionale più libero garantisce la libertà di informazione. 

Un uomo politico è gravemente malato. E’ evidente che, come qualsiasi altro cittadino, anche l’uomo politico ha diritto a veder tutelata la sua vita privata, la privacy, come si dice. Ma è vero altresì che i cittadini che si apprestino al voto vogliano essere legittimamente informati circa le condizioni di salute del cittadino che, come l’uomo politico, assumerà le vesti del governante degli interessi generali della comunità.

Mi sembra che questo caso rappresenti un tipico esempio di antinomia puramente formale e, a mio modo di vedere, falsamente filosofico, ossia filosofico soltanto da un punto di vista puramente linguistico-formalistico.

E’ evidente che la specifica problematica del rapporto fra diritto all’informazione, censura e tutela della privacy, debba essere affrontato nella condizione particolare e storica in cui l’avvenimento accade.

Di ciò e di altri grandi problemi riguardanti la libertà dell’informazione nell’era della globalizzazione, si è discusso in un importante convegno organizzato dall’Istituto universitario Suor Orsola Benincasa e dalle Fondazioni “Luigi Einaudi” e “Guido e Roberto Cortese”.

La questione ha risvolti etici, politici ed economici difficilmente omologabili. Tant’è che si è dovuto ricorrere, anche in questo convegno, come in tanti altri dibattiti, alla filosofia, per cercare di trovare dei momenti comuni di riflessione. Ma la filosofia ha, paradossalmente, poche frecce al suo arco, soprattutto se ci si aspetta che essa possa dare delle indicazioni di tipo normativo. Come si è visto dall’esempio, si rischia soltanto di imbattersi in irrisolvibili contraddizioni o in risposte definitive e, in quanto tali, tendenzialmente totalitarie.

Storicamente si sono presentate due categorie fondamentali di possibili risposte, che potremmo definire essenzialistiche.

La classica è quella che potremmo designare come metafisica: è peculiare delle religioni o delle ideologie forti. L’altra potrebbe definirsi razionalistica ed ha caratterizzato anche il mondo liberale fondandosi, essenzialmente, su ragionamenti di tipo analitico, difficilmente, se non raramente, applicabile alla mobile e fluida realtà.

Entrambe le risposte hanno in comune, come si è detto, un’attitudine essenzialista o metafisica, la quale consente, apparentemente, di superare le aporie e le antinomie di cui si è detto ma, in realtà, anziché risolverle, semplicemente le cancella proponendo, volenti o nolenti, soluzioni di fatto totalitarie. Da qui la crisi che ha colpito prima le ideologie e poi la filosofia analitica anglosassone, rimasta chiusa in alcuni college.

Le moderne filosofie del giudizio dallo storicismo post-hegeliano e post-marxista all’ermeneutica; dalla fenomenologia alle filosofie del metodo o della complessità, hanno abbandonato il terreno della definitività per collocare la soluzione del problema nella storicità della condizione reale, affidando al giudizio la libertà della scelta e la soluzione effettiva del problema. La risposta, dunque, è una risposta vera, ossia operante ed efficace, ma mai assoluta o definitiva.

Se è così, come credo, alla questione riguardante il rapporto fra mondializzazione economica e libertà dell’informazione, bisognerà rispondere che attualmente è necessario regolare il mercato affinché esso sia il più libero possibile.

Il mercato non dev’essere imbrigliato, naturalmente, da egoismi di parte o in nome di presunte entità al di sopra di tutti gli interessi, ma neanche può esser lasciato al suo stesso corso, che spesso rischia di produrre la sua stessa morte, ossia la fine del libero mercato. Le regole fondamentali che si devono promuovere sono quelle che garantiscono la pluralità, che consentano al pluralismo di crescere il più possibile e che stimolino al massimo il pubblico dibattito e che salvaguardino il controllo da parte dell’opinione pubblica.

Da questo punto di vista, e solo da questo punto di vista, possiamo affermare che anche per i liberali è necessaria una supremazia della politica sull’economia. Sembra infatti assurdo poter intervenire sul mercato dell’informazione per garantire la libertà dell’informazione al di fuori di un quadro istituzionale di tipo sovranazionale. Operare in un singolo paese o, peggio ancora, in una singola regione, è impossibile, ed anche la più semplice delle tecnologie, quale è ormai la cosiddetta Rete, alla quale facilmente accedono anche i bambini delle scuole elementari, si fa beffa di ogni occhiuto controllo e di ogni regolamentazione.

Ernesto Paolozzi

Dal “Corriere economia” del 6 novembre 2000