Lo stesso autore, del resto, ci indica questo percorso interpretativo. Cosa nasconde quella maschera nera, come, d’altro canto, le maschere che tutti noi siamo costretti a calarci sul viso per poter vivere? Sembra che Scotto, col tratto forte del suo disegno, con la potenza della rappresentazione personalissima, voglia dare un volto a Pulcinella. Voglia non solo togliergli la maschera, ma costruirgliene un’altra che lo sottragga, come abbiamo detto, ai luoghi comuni, agli stereotipi iconografici della tradizione antica e recente. Ed infatti un altro Pulcinella emerge, si sveglia in una dimensione onirica dai toni e dai colori che appartennero al tempo del grande Caravaggio. Scotto stesso ci dice che si tratta di un Pulcinella che idealizza Colombina, che si prefigura come una sorta di eroe, come un romantico cavaliere costretto a vivere nella tragedia umana che egli aborre e, forse, teme. Infatti compare in alcune rappresentazioni caravaggesche in movenze che potrebbero sembrare ironiche e sono, invece, tragiche.

Eppure, in alcuni momenti ci è sembrato di cogliere addirittura un Pulcinella Satiro, immerso in una profonda e viscerale sessualità la quale, però, si stilizza immediatamente lasciandosi alle spalle quella carnalità plebea che ci siamo sentiti di condannare francamente e senza appello. Sembra di cogliere una sorta di dionisiaco che, però, non si contrappone necessariamente all’apollineo; che non rimane allo stato di pura materialità. Ciò dicendo, sembrerebbe che intendiamo quasi svilire la forza spontanea di Scotto. Mentre è vero invece il contrario, perché l’artista entra nella profondità della carnalità stessa, della sessualità, dell’eros, senza rimanere alla volgare superficialità della vulgata pulcinellesca. Da qui una scarnificazione che non significa necessariamente, come spesso accade nella nostra contemporaneità, precipitare nella frigidità.

In fondo, in Scotto sul tumulto delle passioni si impone una visione ingenua, altamente, nobilmente ingenua, che rivaluta il Pulcinella sognatore, l’uomo sognatore, che pensa di potere dominare e superare l’amarezza e la brutalità della vita reale. Ma il sogno di Pulcinella si svela essere, in Scotto, non soltanto il sogno idealizzato, ma il sogno vero e proprio, quello della incoscienza, giacché il vero Pulcinella, senza maschera, si risveglia e si riscopre vecchio, malandato, tutto sommato sconfitto. Riemerge dunque per intera la tragicità del personaggio come della condizione umana e quella apparente, ingenua, idealità si infrange malinconicamente, in qualche punto drammaticamente, di fronte all’apparir del vero.

Ma, come spesso accade negli artisti autentici la cui sensibilità fa sempre premio sul raziocinio, quella scoperta attonita della tragicità, quella necessaria accettazione di una realtà amara e cruda, non cede alla disperazione. E si riapre un varco alla speranza che è propria della trasfigurazione artistica.

Ernesto Paolozzi